Col mini contratto stipulato con “Mubi”, ci è capitato sott’occhio
il nome Sean Baker. Colpiti dagli esordi indipendenti e artigianali del regista
del New Jersey, è stato con cambio automatico che ci siamo instradati verso “Un
sogno chiamato Florida”, del 2017 (t.o. “The Florida project”). Stessa idea, qualche
mezzo in più: la scrittura e la sensibilità di Baker raggiunge toni e colori stridenti del miglior neorealismo.
Form'azione stop
Anticipato positivamente da Mino, avvallato da Elena, con
Marigrade non abbiamo potuto esimerci dal recarci all’“Ariston” per vedere “Bird”.
Regista della seconda età, classe 1961, l’inglese Andrea Arnold, anche attrice oltreché
sceneggiatrice, col suo 5° lungometraggio ha mostrato la capacità dietro la m.d.p.,
il coraggio dinanzi ai fogli. Qualcosa di già visto, però, che tracima
sulle immagini.
L'insapore del cuore
Nelle sale anche un africano. Il nome del suo autore è Abderrahmane
Sissako, regista mauritano già incontrato e apprezzato dieci anni or sono. Con “Black
tea”, del 2024, prende e va in oriente, assimilandone colori e visioni. L’incontro
tra culture, a volte, comporta una perdita da entrambe le parti: melò sterile.
Italiani buddisti
Il Prof. inoltra e informa sulla rassegna "Ecce Nanni" dedicata a Nanni Moretti => con Elena nella “Sala 1” del “Sivori”, quasi piena, per l'esordio cinematografico del regista e attore romano: "Io sono un autarchico", del 1976.
"Il perché della rassegna? La scelta di Moretti si spiega da sola [meno male…] Abbiamo voluto tornare alle origini, stasera con una rarità, difficile da trovare...Gli anni’70 e ’80 non furono così tragici per il cinema italiano, ma non solo” (L. Malavasi)...
Posizione di coscienza
Ieri sera, per il 4° appuntamento con “Cinema e Resistenza” organizzato
dai “Ghetto People”, pure Elena allo “Zapata” di Sampierdarena. In programma “Inch’allah”,
film del 2012, scritto e diretto da Anaïs Barbeau-Lavalette, regista canadese,
classe 1979, qui al 7° lungometraggio. Dall’introduzione…“metafora” (“allegoria!”)
dell’occhio occidentale dinanzi alla morte (genocidio), ma concretamente sul
campo, al centro dell’occupazione israeliana, dove prendere posizione è un
dovere fisico.
Zippo e Pollo
Il 2025 verrà da noi ricordato, anche, come l’anno in cui approfondimmo la conoscenza di William Friedkin. Da un bianco e anonimo DVD trovato in “Santa
Brigida”, l’ultimo film del regista dell’Illinois scomparso nel 2023: “Killer
Joe”, del 2011, è un testamento cinematografico invidiabile. Dall’opera
teatrale omonima, datata 1993, scritta nonché adattata dallo statunitense
classe 1965, Tracy Letts, un cupo thriller accattivante e ben ritmato. Sullo
sfondo marginalità e degrado, che generano affari sporchi, perversi, non così
dissimili da…
Chefatigante
De paso, ancora un western come pillola
distraente e nulla più. “L’arma della gloria” (t.o. “Gun glory”),
del 1957, ci fa scambiare due battute con Roy Roland (1910-1995). Il regista nato
a Brooklyn, da ebrei russi emigrati, non ha scalfito il selciato cinematografico,
ma comunque disseminato lo scorso secolo di decine di cortometraggi (anni ’30)
e pellicole di serie B (’40-’60), come questa. La “MGM” non lo ha mai snobbato.
Primo istinto
Ogni tanto è bello andare al cinema senza pretese. Rilassato, attendendosi il pubblico peggiore, quello di François Ozon. Ma sotto "Sotto le foglie" (t.o. "Quand vient l'automne"), si nasconde un buon intrigo chabroliano.
Speranze di stagione
Ancora Yasujiro Ozu, finché il canale "Raiplay" ne ha e ne da. "Inizio d'estate", del 1951, è l'ennesima prova di sensibilità non solo cinematografica, del regista giapponese.
Loro, di Napoli
In televisione un Dino Risi "Da non perdere" che, nella giornata di pasqua di guerre, non ci lasciamo scappare. "Operazione San Gennaro", del 1966, ribadisce un disinvolto autore di commedie, qui sorretto dalle migliori maschere del cinema nostrano.
Grandi successi
Ma anche avanti con Yasujiro Ozu, che nel 1957 ne combinò una delle sue, l'ultima in bianco e nero. "Crepuscolo di Tokyo" è una perla intatta.
Assurdi State
Scroccando su “PrimeVideo” per approfondire Michael Haneke. Passando, appunto, anche per la TV, ambiente sperimentale caro ai “nuovi registi tedeschi”. Nel 1997, il regista vivente dell’alienazione celebrò Kafka con la trasposizione del suo romanzo più calzante: “Il castello”.
Storie sbagliate
Stavolta, nelle sale, davvero un regista cinese che fa cinema fa quarant’anni. Già colpiti dall’originalità e pulizia estetica di Jia Zhangke, mostrata sei anni fa, ci siamo fiondati in tre nella intima “Filmclub”, insolitamente gremita. “Generazione romantica” (t.o. “Caught by the Tides”), del 2024, è un affascinante puzzle visivo su amore e rimpianto.
Sicurezza mai
Nelle sale cinematografiche l’ultimo
di Robert Guédiguian, regista per il quale un cenno con Marigrade ci fa
ritrovare nella “2” del “Sivori”. Anche per Jean-Pierre Darroussin e,
soprattutto, Ariane Ascaride compagna d’una vita, i grandi interpreti delle
commedie o drammi politici del regista marsigliese. Invece, “La gazza ladra”
rivela il tocco delicato di chi non vuole scontri, ma solo incontri.
Catastrofe di Stato
Presso il nuovo "Zapata" di via Pirlone a “Sampe” (GE), è iniziata
la nuova rassegna “Cinema e resistenza” organizzata da "Ghetto People": cinque proiezioni in sostegno alla lotta del popolo
palestinese. Si è partiti con “Al Nakba”,
del 1997, diretto dal Benny Brunner e Alexandra Jansse. Lungo e articolato documentario,
disponibile in rete, che permette di risalire alle radici del sionismo: colonizzazione
etnico-religiosa ai danni di una popolazione da sterminare.
Istinto di razza
In televisione passa un Michael Mann che ha lasciato
il solco. Chissà poi perché. Uno dei registi più sopravvalutati, iniziamo a
dirlo, nel dimostrò né più né meno di essere pronto per il botteghino. “L’ultimo
dei mohicani”, del 1992, è un blockbuster romantico d'avventura, misero sul
piano narrativo e, sorprendentemente, ancor più su quello visivo. Il prestigio
di Mann traballa.
Fai per tre
Sempre per quella storia di Steven Spielberg. Maestro
indiscusso dell’intrattenimento fantascientifico, bisogna pur seguire le profonde
orme lasciate sul percorso di successi al botteghino. Nel 2005 si cimentò in un
classico disaster & alien invasion movie, con la distruttiva razza
aliena palesatasi un bel mattino, ma che, trasportando su digitale l’omonimo romanzo
del 1996 dell’inglese Herbert George Wells (1886-1946), poi così tipico non è: "La guerra dei mondi".
Isterisol
Tutto è partito da un riso basmati, con verdure e uovo. Siamo rimasti là. A disposizione, un film coi sottotitoli reperiti, che chiude le
proposte di “Foglio” provenienti da quel paese che, cinematograficamente
parlando, tanto ci ha dato. Hong Sang-soo non ha bisogno di presentazioni. Nel
2017 realizzò “On the beach at night alone” una lenta maturazione, ad
alta gradazione, sui ruoli impersonati.
Gasometri
Per le voglie di Yasujiro Ozu, oltre a cofanetti, DVD anonimi e restauri, anche i canali digitali possono servire. Da quello targato “RAI”, in proposta alcuni film del grande regista giapponese. “Gallina nel vento”, del 1948, parla della guerra. Della donna. Della città. Così fredda e immota dinanzi ai dolori del cuore.
Lutto e denti
Questo mese, ormai dimenticate le ultime nostre scivolate nel
suo cinema, abbiamo anche rincontrato David Cronenberg. Ancora sotto shock
per 20 minuti d’ascensore bloccato, all”“Ariston” senza timore di
eccessi e ascessi del regista canadese che, fresco di lutto matrimoniale, ne trae una rappresentazione delle sue. Dolore e perversione in "The shrouds". "Segreti sepolti", riflessioni avvinghiate alla
carne in decomposizione: Il regista di Toronto è tornato.
Prima che tardi
Nel piccolo “Circuito” di Genova è sorprendentemente capitata la sex symbol di fine XX° secolo. “Bella e stupida” cerca di rifarsi, facendocela, ed è così che “The last showgirl” (2024), diretto da Gian-Carla, aka Gia, Coppola, nipote di F.F e figlia dell’attore Gian-Carlo, diviene un film da non buttare. Emancipazioni tortuose in regime di voyeurismo capitalistico, resta l’impresa della coscienza che si accorge della propria decadenza.
Mail di Vita
Pomeriggi finesettimanali autoleccanti
metaforicamente sino a un certo, la televisione può venire in soccorso.
Anche se la proposta è un esempio di forma senza contenuto, anzi meglio.
Glorioso già dimenticato ingresso di Kevin Costner regista al Cinerofum, “L’uomo
del giorno dopo” (t.o. “The postman”), del 1997, promette individualismi,
emancipazioni e indipendenze consapevoli, ma si accovaccia sulla bandiera,
solite stelle strisciate, palesando la visione ristretta di un non autore.
United for
Tra le proposte televisive, dopo le western, quelle belliche
sono al secondo posto. Un nome che riecheggia spesso è “Navarone”, ideale punto
critico del secondo conflitto Capitale. Cinerofum già indica qualcosa di
storto, non potevamo che dirigerci verso l’Egeo a dorso, arrivando in ritardo
di 17 anni, ma in tempo per incrociare Guy Hamilton (1922-2016): il suo sequel
“Forza 10 da Navarone” è ancora lì che surfa.
Motivi per viaggiare
Recentemente ripresentato da “RaiMovie” in occasione del suo restauro, con “I 9 di Dryfork City”, t.o. “Stagecoach”, ché di remake del 1966 si tratta, posso rincontrare Gordon Douglas. Il regista che ci ha convinto con lavori semplici quanto efficaci, ventisette anni dopo il western più osannato, non tremò dietro la m.d.p. continuamente percossa, riuscendo a riportare tutti a casa...
Video inclinati
Ancora sulla scia filmografica di Michael Haneke. Nel 1993, il regista di incomunicabilità e alienazione post-industriale girò il suo terzo lungometraggio, tirando una linea sotto i “71 frammenti di una cronologia del caso”. A chiudere la cosiddetta “trilogia del congelamento”, lontano da guerre permanenti, i diffusi e apparentemente impercettibili segnali di morte.
Sogni fuori campo
Sabato scorso, con Elena al "Sivori" per l’ultimo Orso d’Oro, norvegese: Dag
Johan Haugerud, regista classe 1964, si è aggiudicato il premio berlinese col
secondo capitolo di una trilogia sulle relazioni personali
iniziata un anno fa. “Dreams” è un attento e sensibile studio della delicata fase puberale.
Sonny & Rico
Se i tratti distintivi di Michael Mann, per alcuni tra i migliori, sono "maestro dei film d’azione,
affinità psicologiche tra poliziotti e criminali, ritratti spesso con look alla moda.
Operatore di molte sequenze dei suoi film”, allora "Miami Vice", del 2006, ne rappresenterebbe la vetta artistica. La cosa è più complicata. Nonostante la comprensibile volontà di omaggiare la fortunata serie TV di 50 anni fa, cui contribuì pure lui, il regista di Chicago non può essere sempre Re Mida.
Biglie amanti
Un sabato di due settimane fa. Due messaggini con
Mino per una proiezione pomeridiana per la quale ha una proposta. Sobbalzo al
titolo “La maman et la putain”, Marigrade ne ha appena parlato!,
chiedendo “Jean Eustache?” (1938-1981). Lui conferma ed eccoci davanti alle
quasi 4 ore che, nel 1973, l’esponente di spicco della “post Nouvelle Vague”
si prese per attraversare la complessa volta delle relazioni sessuali. Un unicum
per impostazione, e durata, che, in maniera originale, traccia una curva emotiva che è precipizio di maschio sessantottino.
Agnelli OGM
Aspettavamo discendesse dal “Corallo” e così è stato. Inoltre,
annusato un autore che potesse solleticare anche i salofobi nel tunnel
dei “divoratori di serie”, istintivamente ne abbiamo convocati 2: Benza e Genna.
Conoscitori appassionati di Bong Joon-Ho, con disinvoltura dinanzi a “Mickey 17”,
senza stupirci della sua esplicita satira fantascientifica. Lo “svalvolo” eccessivo e disturbante è marchio dell’immaginazione critica del regista di Daegu.
Artemisia e aglio
Venerdì scorso con Elena al “Sivori”, perché “nelle
sale c’è un cinese…”. Che poi non era cinese e nemmeno è l’omonimo che “fa cinema
da 40 anni!”. Più umilmente, ma con maturità encomiabile da “Un
certain regard 2023”, Anthony Chen è un regista singaporiano, classe 1984, che col quarto lungometraggio “The
breaking ice” pone firma autoriale ai rapporti volatili resi celebri da certa
“Nouvelle”.
Soziale Symphonie
Settimana proficua. Grazie al pacchetto pagato a “PrimeVideo” da altri, lunedì speso con Michael Haneke. Ancora col regista “austriaco ti Cermania” che, nel 1997, tantopercambiare riuscì a scioccare il suo pubblico. Violenza e dominio, le ultime guerre insegnano, procurano “Funny games” a schiere di genti prive di emozioni.
Cine tarzan
Esausti anche dei desperados di “Chi l’ha visto?”, ieri sera ci siamo accontentati di un Brian De Palma non certo d’annata. Nel 1998 per il regista newarkese i giochi erano fatti. “Omicidio in diretta” (t.o. “Snake eyes”) ne è la prova, virtuosistica senza dubbio, ma, nonostante l’iperattività del protagonista, terribilmente vacua.
Ketchup & plastica
Inebetiti da un Michael Haneke preso un po’ troppo sotto
gamba…con Elena nella sala “Navetta” per capire cosa frulla sullo
schermo del grande (…) regista austriaco. Nelle immagini di “Benny’s video”,
suo secondo lungometraggio datato 1992, l’inspiegabile apatia delle opulente società
civilizzate.
Capitani persi
Anche la televisione, pure lei debitrice, ha voluto omaggiare
Gene Hackman. Su “RaiMovie” il suo Oscar del 1972. Con “Il braccio violento
della legge” (t.o. “The french connection”), anche William Friedkin, ormai
habitué del ‘Rofum, si aggiudicò l'ambita statuetta. Hackman ancora alla
prova con un poliziesco dalla foggia autoriale, sapientemente cucita dal
regista, dove il protagonista insegue, e colpisce, i propri fantasmi.
Ci sei dentro
Nelle sale un tributo a Gene Hackman da poco scomparso: rinunciamo all’unica uscita valida. In occasione del restauro per il suo 50° anniversario, “La conversazione”, del 1974, col quale Francis Ford Coppola si aggiudicò la Palma d’Oro: spy movie psicologico autoriale che lasciò angosciato sfogo all’attore californiano. Regia e interpretazione ineccepibili.
Rapaci e brandelli
Febbraio non era ancora finito che già eravamo tutti lì con SimonMi a sentenziare/scegliere “Se uno mi dovesse chiedere…direi Michael Haneke”. Il dodicesimo e ultimo lungometraggio del regista austriaco fu “Happy end”, del 2017: altro affresco agghiacciante, ma splendido, dell’incomunicabilità tra generazioni alienate.
Torce o fumogeni
Tra le nuove uscite in sala di ieri, una francese col volto
di Vincent Lindon. Pellicola sociale, quindi, che con Elena presenziamo con attenzione. Fanno il loro rigoroso ingresso nel 'Rofum le sorelle Delphine e Muriel Coulin (Lorient, 1972 e 1965). Xenofobie e razzismi di stato si insinuano nelle crepe di tutte le relazioni, anche familiari. "Noi e loro" (t.o. "Jouer avec le feu"), scrittura e regia encomiabili.
Ma io pensavo
Esaltato per Hong Sang-soo, con l’ebbrezza di correre in
qualsiasi sala per un sudcoreano recentemente conosciuto. Scelgo la nostra, dove “On
the Occasion of Remembering the Turning Gate”, “Porta girevole” per gli
amici (tra cui “Foglio”), porta a riflessioni su destino e intenzioni. Sesso. Desideri
e casualità.
Mio come me
Dalla coppia di registi iraniani Maryam Moghaddam, classe 1969 (“o 1970”) e Behtash Sanaeeha, una piccola grande pellicola, capace di colpire con carezze, di invitare alla vita con la morte. “Il mio giardino persiano” (2024, t.o. “My favorite cake”, per una volta l'italiana ha qualcosa in più: il privato): l’amore ai tempi e nei luoghi del totalitarismo. Dietro al fugace già sconsolato sorriso dell’individuo, un tremendo boato perfora i timpani dei responsabili istituzionali.
Riproduzione (in sala)
E' stato un onore inaugurare, dopo 5 colpevoli mesi, la Sala Navetta con nientepopò che Marco Ferreri. Non vedevamo il caustico e criptico regista da quell’assurda udienza del “2019”. Era ora di rituffarsi, a piccoli bocconi, nel cinema del milanese: quattro pasticcini da lanciare in faccia al “buon costume”, così vuoto, così sterile. "Marcia nuziale", del 1966, è il sesto film di Ferreri (terzo italiano).
Solitar vacanza
All’interno della categoria horror, il sottogenere shark è uno di quelli cui Elena oppone meno ritrosia. Per una sorta di sanomasochismo, chi non si allontana da riva più di 2,75 mt, trova nelle pellicole distese di mari cristallini frantumati da pinne e denti aguzzi, un piacevole lido. Anche sulle rive più remote, si trova di tutto. “Paradise beach” (t.o. “The shallows”, s.i. “Dentro l’incubo”, 2016), diretto da Jaume Collet-Serra, catalano classe 1974, non è il relitto che ti aspetti.
Scorbuto privato
La seconda firma dei western domenicali trascorsi è un certo Robert Wise. Due anni prima di Daves, anche il regista ben più celebre originario dell’Indiana decise di percorrere le polverose lande dell’Ovest per mostrare le conseguenze di una vita condotta agli estremi solitari. Dove, nel 1956, “La legge del capestro” (t.o. “Tribute to a Bad Man”) prendeva le viscere quando si trattava di proprietà.
Il lavoro debilita l'uomo
Domenica di recuperi. Dalla programmazione televisiva, due western nel mirino da firme che teniamo d’occhio. Come Delmer Daves
che, nel 1956, si ri-cimentò nelle sue abituali acque. Commedia "[brillante]" di crescita e amicizia, maturità d’un “Cowboy”: novellino irruento o
scafato cinico che sia. Avvicendamenti scontati e abbracci
colorati.
Stritola e prevale
Dalla parte degli oppressi, normale correre se vedi un
iraniano nelle sale. Con Elena all’“Ariston” (e un'altra coppia, mentre madre e
figlia saputa la durata “domani va a scuola” sono fuggite) per “Il seme del
fico sacro”, prodotto, scritto e diretto da Mohammad Rasoulof (Shiraz, 1972). Persecuzione,
repressione, un altro resistente non molla la cinepresa per raccontare la vita
in uno stato teocratico. Dovremmo trarre tutti gli insegnamenti…
Espropri democratici
Ieri sera abbiamo acchiappato il documentario che puntavamo da un po’. Yuval Abraham, reporter israeliano classe 1995, e Basel Adra, “attivista” palestinese classe 1995, hanno raccontato su schermo gli attimi della lotta dei palestinesi della Cisgiordania a difesa della loro terra. Oppressione e repressione non fermano la resistenza di donne e uomini dimenticati dal mondo. “No other land” mette in luce, per chi è ancora nel buio, la vera natura dello Stato israeliano, come di ogni altro, e del suo esercito. L’antico e violento colonialismo, risfoderato dagli stati dove e quando richiesto.
M il passato!
Ieri sera energie conservate per Hong Sang-soo, adocchiato tra le nuove
uscite di giovedì. Alle 21,30, nella minuscola “FilmClub”, oltre a noi due, un
trio lescano niente male. Ciarlieri...ma anche noi abbiamo pop-corn pronti per
il “Rohmer” sudcoreano. Molto di più, “Una viaggiatrice a Seoul” (t.o. “A
traveller’s needs”), è uno splendido cinema relazionale, quindi sociale. Gran
premio della Giuria a Berlino scritto, diretto e montato dal sudcoreano. Leggerezza e/o profondità?
NormaliStato
Con Elena al Sivori per il Walter Salles delle stazioni
centrali e per il cinema brasiliano. Doverosa Agenda, del 2024, “Io
sono ancora qui” si iscrive nel classico filone della testimonianza, sul colpo
di stato e dittatura fascista propri. Biografico che nulla potrà dinanzi al
prossimo scempio del Nuovo Capitale.
Corsa delle rane
Dopo tanto cinema mainstream, ieri sera, siamo tornati a chiedere a “Foglio” qualcosa di più ricercato, magari orientale, meglio se “antologico”! E l’amico sfodera il manifesto della “New Wave” taiwanese: “In our time”, del 1982, è un quadro poetico e accorato, scritto e diretto in quattro, sulla crescita e le sue scoperte: dall’infanzia sognante a quella età, ormai buffa, chiamata adulta.
Firmato: Tao Te-chen, Edward Yang, Ko I-chen e Yi Chang.
Firmato: Tao Te-chen, Edward Yang, Ko I-chen e Yi Chang.
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