Nel piccolo “Circuito” di Genova è sorprendentemente capitata la sex symbol di fine XX° secolo. “Bella e stupida” cerca di rifarsi, facendocela, ed è così che “The last showgirl” (2024), diretto da Gian-Carla, aka Gia, Coppola, nipote di F.F e figlia dell’attore Gian-Carlo, diviene un film da non buttare. Emancipazioni tortuose in regime di voyeurismo capitalistico, resta l’impresa della coscienza che si accorge della propria decadenza.
Al “City” con Elena per la rehab dei Coppola. 173cm di Pamela Anderson, canadese (chi l’ha mai saputo) classe 1967, che riempì calendari e stanzette. Mai visto “Bagnini”, giuro, ma la bionda più formosa mi ha attraversato in pieno la pubertà. I suoi passi, quelli di Shelley, 42? facciamo 57, sono quelli d’una ex “leggenda” da Lido Parigino, già sola “per una più giovane”.
La regia della Coppola Jr. su oggetti, volti e intimità, fuori fuoco ai lati, tra scatole di noodles e incoscienza, più che filosofia (“C’est la vie”), della protagonista, ha una sua efficacia. Non gira vuoto questo primo piano sulla vecchiaia solitaria della donna, non dimentichiamolo, che subì più d’ogni altra lo sfogo sessuale dello show-biz. In questo senso, il plauso ad una Anderson che si mette talmente a nudo (senza farlo). “Nessuno che ti avverta!”: che si invecchia (strano, quelli più anziani, sì). Angelo celestino, ancor più Lola, l’età ridicola deve essere presa con ironia. Sullo sfondo: il sistema sociale dei guardoni (che prima usano senza precauzioni, poi gettano senza contributi). Altrettanto sorprendente, anche perché ci abbiamo messo un po’, è la baronessa Jamie Lee Curtis (L.A. 1958), così tanta, così diversa.
Chiacchierando con qualcuno, annunciante l’ottima prova della Anderson, ma pur scettico sullo svolgimento “già visto” della narrazione, ho provato a individuare nella superficialità della protagonista (doppio plauso dalla Anderson) proprio l’originalità di questo film. Infine, un affaccio impietoso verso il conto alla rovescia di ciascuno.
(depa)
(depa)
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