In televisione passa un Michael Mann che ha lasciato
il solco. Chissà poi perché. Uno dei registi più sopravvalutati, iniziamo a
dirlo, nel dimostrò né più né meno di essere pronto per il botteghino. “L’ultimo
dei mohicani”, del 1992, è un blockbuster romantico d'avventura, misero sul
piano narrativo e, sorprendentemente, ancor più su quello visivo. Il prestigio
di Mann traballa.
Il fascino dell’etnografia, affettuosa e pelosa, qui la libertà è quella di avere
la donna d’altre tribù. Ricordo i divani piegati da giovani aspiranti ribelli da
VHS. La lotta contro il dominatore mescolata al salvataggio della bella. Le
figure dei colonizzatori con qualcosa di macchiettistico, non così distante
dalla realtà. Fantasiose sono l’invincibilità e la tempestività del nostro (pure
il suo personaggio che non è l’ultimo del titolo, risulta incredibilmente
piatto, disneyano, nonostante le corse guerresche) e dei suoi due compari. Mohichettieri
non ingenui del re. Resta solo un “abuso di colonna sonora” (Elena). W gli
Uroni!
(depa)
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