Mancanza di atto

Nel tardo pomeriggio di ieri, dopo l’incredibile discesa ligustica di Alvarùs rodense, con Elena all’ “Ariston”, e il suo magnifico pubblico, per vedere come se la passa ultimamente Mike Leigh. Il regista ottantaduenne, dopo quasi trent’anni dalla sua Palma, col nuovo “Scomode verità” (t.fr. “Deux sœurs”, t.es. “) torna alle sue indicibili rivelazioni, non è una società per addolorati.
Dall’inizio alla fine, il fastidio dinanzi all’ultima interpretazione di Marianne "Pansy" Jean-Baptiste. Come e più che nel 1996, l’attrice ormai matura si carica addosso i significati di questa pellicola intimista, certo, non come l’amico inglese così sociale da iniziare annoiare i sinceri democratici. Nessuno può rimanere impassibile dinanzi alla insopportabile, patologica, xenofobia della scorbutica protagonista. Ma semplificazioni e generalizzazioni ci hanno condotto, noi, Pansy e gli altri a ciò (un genocidio in diretta per esempio). Pellicola psichiatrica. La cui forza semmai, tornando alle chiacchiere post-visione (con Ipa media che parla a Ipa piccola), sta proprio nell’assenza di didascalismo. Leigh non si permette di dire alcunché, “limitandosi” a cogliere e porgere allo spettatore i gesti nascosti, le micro-fratture, le tensioni latenti. Il suo sguardo affettuoso, però/perciò, è rivolto in avanti, al futuro, senza scheletri da scoprire o relitti da trarre dalla palude, ma cercando di trovare le (im)possibili reazioni di un convivere differente.
(depa)

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