Col mini contratto stipulato con “Mubi”, ci è capitato sott’occhio
il nome Sean Baker. Colpiti dagli esordi indipendenti e artigianali del regista
del New Jersey, è stato con cambio automatico che ci siamo instradati verso “Un
sogno chiamato Florida”, del 2017 (t.o. “The Florida project”). Stessa idea, qualche
mezzo in più: la scrittura e la sensibilità di Baker raggiunge toni e colori stridenti del miglior neorealismo.
Al “Futureland” ci sono novità. Ma anche al “Magic Castle” tutto-viola,
attualmente, non vige la calma. Senza pensieri, né responsabilità, liberi. Gli
episodi vanno al nodo, le reazioni sono i nodi. “Si, ho voglia di andare a
giocare”, sarebbe delizioso l’ingresso dei bimbi nel mondo. Come il loro lo “spaccare
tutto”. “Non si cazzeggia coi turisti” (Bucci & C. lo dicono da anni),
ospiti condannati a ripetere “io qui non ci sto” in ogni luogo. In effetti, uno
prenota a “Disneyland”…ahahah. Due peperini, poi paperine, affiatate. Bob è
l’angelo custode fortunatamente senza ali. Ci pensa l’ottimo William
Dafoe a Charlie Coachman. Ma la vera mattatrice, signore e signori è Brooklynn
Prince, classe 2001: la sua seenne geniale è una Moonee da Oscar.
Contrasti vividi, degrado sfavillante, fiaba e inferno. Elicotteri e miseria (i
profumi non li fanno rivendere al minuto…). Nei sobborghi assolati, anche una
stringata ma risolutiva solidarietà. Eleganti e delicate le (iniziali) ellissi
sulle marchette materne (mentre la bimba fa il bagno giocando colle bambole).
Una madre che vuole sempre l’ultima parola, Halley…(la lituana classe 1993, Bria Vinaite), ma è sua mamma! "Super angry", altro che "sweet". Moonie ha giocato, lottato...finalmente un pianto liberatorio e può iniziare la corsa, cominciare la musica,
un’amica che ti porta a Disneyland! Stupendo.
Chicca a matrioska, il titolo originale, che mostra l’invettiva di Baker dietro a questa fulgida pellicola che davvero mi ha ricordato ladri ed
accattoni delle borgate romane. Convinto che la Palma dorata del 2024, così secca rispetto a
questa rigogliosa pellicola, sia stata una riparazione per le precedenti
incomprensibili esclusioni.
(depa)
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