Poi, tra il cinema indipendente pescato sui canali digitali, abbiamo tirato in barca "Tendaberry", del 2024, di Haley Elizabeth Anderson...in cerca di parole non trovate.
“E cosa è l’amore?”…a Coney Island, “here”, tra coyote e
“Moby Dick”. “Here”, si parte con poetiche amatoriali, considerazioni di ragazza che, come tutti,
“vuole solo sabati”. Subito dopo l’incipit, Dakota Hill giunge al suo primo
vero “AUTUNNO”. Lavori lavoretti, incontri, fidanzati. Inserti della memoria,
per risalire “deeper and deeper” al sé di oggi. Un sogno che si chiamava
Dreamland andò in fiamme. Dopo l’addio di Yuri, arriva l’“INVERNO” con la sua
fredda solitudine (c’è la voce dei vicini)…meno voglia di cantare. Buona regia,
con la messa in scena originale, ma soggetto meno originale di quanto appaia.
Potevano intitolarlo “Coney Island”, o “Dakota” (o entrambi!...?), ma c’è anche
un certo Nelson Sullivan, che bazzicò sotto le celebri giostre. La “PRIMAVERA”
porta la GUERRA. Kota vede le colleghe baciare i fidanzati: le rode ->
ovviamente le cadrà il sacco della spesa, una mela ne rotolerà fuori,
sull’asfalto del marciapiede…Senza appigli, Kota, dominicana in terra trumpiana
[alienation guaranteed]. Dopo la morte, l’“ESTATE”. Vida sombrìa,
dopo il sangue, la sabbia. Didascalico, ma efficace, col taglio indipendente
che, spesso, accomuna i novelli cineasti. Film di formazione ed emancipazione
(f.), anche questo, come gli ultimi due recensiti. Ancora la danza come momento
liberatorio individuale, collettivo. Ma, soprattutto, ancora a maledire il
caos, e benedire l’armonia (di chi e per chi?!). “Il tempo ci
appartiene, ma solo per un secondo”, appunto, vale la pena darsi una mossa. “E
io danzo nonostante tutto ciò”, esatto, consiglio altri interventi. “Nell’acqua
dei miei tempi….”, stai ad affogà! Benedetti tutti. AMEN.
[l’amore è comunque meglio a Coney Island che a Kiev]
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