Un sabato di due settimane fa. Due messaggini con
Mino per una proiezione pomeridiana per la quale ha una proposta. Sobbalzo al
titolo “La maman et la putain”, Marigrade ne ha appena parlato!,
chiedendo “Jean Eustache?” (1938-1981). Lui conferma ed eccoci davanti alle
quasi 4 ore che, nel 1973, l’esponente di spicco della “post Nouvelle Vague”
si prese per attraversare la complessa volta delle relazioni sessuali. Un unicum
per impostazione, e durata, che, in maniera originale, traccia una curva emotiva che è precipizio di maschio sessantottino.
“Gran Prix Speciale della Giuria” a Cannes. Tre nomi: Bernadette Lafont (1938-2013), Françoise Lebrun (1944) e Jean-Pierre
Léaud. Marie, Veronika e Alexandre. Un dandy dall’egotismo sfrenato, autentico sgomento dinanzi a un rifiuto. E via a ciatellare e stordire la prima donna
che ti capita sotto orecchio. Ma la sfrontata leggerezza iniziale, dopo tante
parole spese, lascia spazio a un inquieto malessere. Il “vuoto attorno” comincia
a farsi sentire dal nostro Alexandre. Un acuto senso di insoddisfazione,
finalmente, pervade il nostro Don Juan di Montparnasse. La noia s’insinua tra
le gonne, stropiccia i lenzuoli: i trois giovani non si godranno il ménage
e il nostro minuscolo eroe finirà semi-cosciente.
Ottima esperienza, consigliata. Ammettiamolo con Edith Piaf, “Gli amanti di Parigi hanno strane maniere”, davvero…
(depa)
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