Capitani persi

Anche la televisione, pure lei debitrice, ha voluto omaggiare Gene Hackman. Su “RaiMovie” il suo Oscar del 1972. Con “Il braccio violento della legge” (t.o. “The french connection”), anche William Friedkin, ormai habitué del ‘Rofum, si aggiudicò l'ambita statuetta. Hackman ancora alla prova con un poliziesco dalla foggia autoriale, sapientemente cucita dal regista, dove il protagonista insegue, e colpisce, i propri fantasmi.
A Philip D’Antoni production” e già mi sale l’ansia, anche per le note del trombettista californiano Don Ellis (1934-1978). Marsiglia-Brooklyn, asse insospettato. Gene è lo sbirro cattivo, che va pazzo per gli stivali femminili, mentre “Brodie” (Roy Scheider) quello ragionevole. Li uniscono sregolatezza e metodi non ortodossi. Ieri come oggi, allargamento di banchine d’attracco (per chi?): ma ci vogliono soldi…Tempo per bere e tempo per pedinare si sovrappongono. Appostamenti (zoom), inseguimenti, soprattutto inseguimenti e irruzioni teatrali. “Tutti vogliono Weinstock”. Nonostante il thrilling intrinseco, ha dei cali di corrente alternata che, però, contribuiscono al senso di estraniamento del protagonista, autentico ACAB ossessionato (“E’ lui il più pericoloso”, rileva Fernando Rey). Il primo e unico “miglior attore” dell’allora quarantaduenne di San Bernardino deve comprendere anche la successiva prova del 1974 con F.F.C.: stessa alienazione, ancor più intensa interpretazione. Regia rampante, grazie al montaggio dinamico ma capace di introspezione e alla fotografia nitida sul degrado sociale dei due esperto newyorkesi: Jerry Greenberg (1936-2017) e Owen Roizman (1936-2023, oscar alla carriera 2018). Traffico internazionale di droga pesante, tragedia melvilliana (andasse sempre così). Il finale letterario impreziosisce astutamente un intreccio ben più asciutto (tratto da un libro inchiesta).
Goodbye Gene.
(depa)

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