Rapaci e brandelli

Febbraio non era ancora finito che già eravamo tutti lì con SimonMi a sentenziare/scegliere “Se uno mi dovesse chiedere…direi Michael Haneke”. Il dodicesimo e ultimo lungometraggio del regista austriaco fu “Happy end”, del 2017: altro affresco agghiacciante, ma splendido, dell’incomunicabilità tra generazioni alienate.
Tun, inizia così. Messaggi, sms, instant-messaging. Distanze, mutismi. Cavie, meta-personne. “Voilà”, una via d’uscita c’è. Huppert Trintignant Kassovitz Rogowski assieme a tavola. C’è stato un incidente, due incidenti! Si sono intravisti dei poveri, sotto il disastro, ma i ricchi vanno avanti. [C’è anche Albanese…]. Con la bambina movimento, emozioni, vita; mentre il resto è fisso, morto. Tutti gelidamente in ospedale. Il calore borghese: educazione siberiana. Depravazione, una prima indagata...I dialoghi per-non-udenti e non-udenti capitano, ma rivelano. Suicidi, continuativamente, come lemmings 1 & 2. Padroni e figliol Prodigy.
Haneke volteggia coi carrelli, difatti c’è Rogowski. Se questa è la simpatia, la partecipazione…che attendersi? Solo anaffettività dalle società economiciste per rapaci, brandelli e “schiave marocchine”. Pessimismo assoluto, non potrebbe altrimenti chi ha smascherato il video. Farla finita parrebbe l’unico lieto fine possibile…

Indimenticabile l'addio di Jean-Louis Trintignant, a tutto. Capolavoro. 
(depa)


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