Eco-guerra, anzi, game

Forte rischio d'istigazione al sabotaggio. Sottile nel film, esonderà qui, proprio sul nostro amato 'Rofum? Polizia postale e digos (b!) sono già al "lavoro". Bisogna andarci cauti (o forse no?), proprio come il regista islandese Benedikt Erlingsson non fa fare alla sua protagonista, "La donna elettrica". Compenserà lui: Islanda e Ucraina (si fa perdire) ormai ampiamente distrutte, come tutto il resto del pianeta, non resta che ironizzarci un po' e sorridere per questa insegnante di canto davvero intraprendente, ma troppo oltre la legalità. Per cui da punire: poiché c'è già chi ha, tra le sue mansioni (retribuite), quella di salvaguardare il nostro habitat naturale. Prrrr! (è l'unica cosa che mi sovviene).

Un pinocchietto per ogni Stato

Sabato scorso, ancora cinema, ancora Elena. Sia isteria di celluloide o passione crescente, il tempo svelerà. Nella sala 1 del "City", allo spettacolo delle 19, ci aspettava Nanni Moretti, col suo ultimo spunto. "Santiago, Italia" è un documentario sul colpo di stato cileno che, l'11 settembre 1973, innalzò Augusto Pinochet (1915-2006, notare), criminale a difesa di tutti gli Stati moderni (until 1990...and beyond). In quel frangente, pure l'edificio di un'ambasciata estera parve o si rivelò una salvezza per i perseguitati dal demente sopra citato. Polvere negli occhi, la solita nei soliti, quella istituzione è lì per depredare e reprimere i prossimi oppositori allo Stato, 'sta volta italiano.

Noia commerciale

Saltato l'incontro con l'eretico friulano, ieri sera Elena ed io abbiam ripiegato sorridenti in sala Valéry. Sì perché di carne ce n'era e sul fuoco già scottava il primo lungometraggio di Miloš Forman. "L'asso di picche" (t.o. sarebbe "Pietro il nero"), del 1964, è uno sguardo affettuoso e sconsolato sulla giovinezza di quei tempi e luoghi, che vorrebbe essere come tutte, dovendo però affrontare la generazione precedente, immancabilmente ed irresponsabilmente giunta "da un altro pianeta".

Soccorso non di competenza

Momento epocale, la Elena va in avanscoperta per il 'Rofum. Avere una fedele compagna con cui affrontare le sale cinematografiche mi riempie d'orgoglio. Ai "Cappuccini" la settimana scorsa ha testato e detto sì. A ragione. Guardate "Styx", se lo ritrovate in giro. Il film scritto e diretto dal tedesco Wolfgang Fischer, passato or ora in qualche sala dimenticata da Dio e Governi, è un toccasana per i nostri sensi di giustizia e responsabilità. Nel senso che li risveglia, in barba a procedure e protocolli da seguire. Il capitale si sta spingendo sempre più avanti nella sua opera di disumanizzazione e...noi? Felici per la partita, il black friday o, comunque, fiduciosi che qualcuno aiuterà i bisognosi (a casa loro, non qui, ché tolgono lavoro o rubano). Oppure non aspettiamo altro, che qualcuno legalizzi la nostra profonda pigrizia, se non codardia, spesso camuffata da altezzoso egoismo?

Toccata da Dio

Domenica di sole freddo, già dal mattino voglia di sala Valéry. Si potrebbe proseguire la chiacchierata con Jean-Luc Godard (dato che Elena è a far altro...). La proposta volante anonima ricade su "Je vous salue, Marie", del 1984, ed è un bene che Elena non abbia assistito a questa incavolata concezione, con Maria stronzetta e Giuseppe frustrato, che da intimissimo travaglio J-L.G. cerca di alzare ad atto universale. Troppo faticoso.

Encore tutto va bene...

La premiata ditta, rigorosamente anonima, "Salita Santa Brigida" ha sputato fuori una proposta. Elena ed io, nella nostra sala Valéry, la cogliamo. "Crepa padrone, tutto va bene", del 1972, scritto e diretto da Jean-Luc Godard a quattro mani, forse proprio in nome di quell'anti-autorialità che provenne dal gruppo "Dziga Vertov"?, assieme al regista-docente, classe '43, Jean-Pierre Gorin. Durante i titoli di testa ridacchio, voltandomi verso Ele, "Lo avrebbe fatto tutto così, peut-être!". Manco il tempo di spegnere il sorriso che quasi l'autore e teorico ostinato e contrario ribadisce il concetto di "forzatura commerciale". Insomma è un Godard, quindi una visione tenacemente tesa alla LUTTE DE CLASSE (padrone, questa volta...).

Incontri & Scontri

Domenica, pranzo nel "Cu de beu" del porticciolo tutto agghindato di una Sànn-a grigia come di consueto (auguri Sesia! e grazie...) e frappè da un altro tempo, "rigorosamente vaniglia"; non resta che rientrare in sala Valéry ed inserire il DVD appena recuperato. Ad Elena e me poteva andare molto peggio: qualunque film non fosse "Matrimonio all'italiana" di Vittorio De Sica. Pellicola del 1964, tratta dalla "Filumena Marturano" di E. De Filippo, parte come commedia colorata, innalzandosi, grazie alle interpretazioni dei protagonisti, "Sophia Loren E Marcello Mastroianni", a dramma universale; di donna e di madre.

Free Panahi Free Cinema

Un cinefilo sincero dovrebbe recarsi al cinema ogni volta leggesse "Jafar Panahi". Parliamo del regista iraniano costretto nel proprio paese, privato di quella libertà di spostamento, intrinseca alla natura umana, che in questi anni, in cui profitto ed odio dettano legge e gridano alt!, pare proprio un'ironica invenzione, se non un lontano ricordo. Si badi: 1 Leone d'oro (2000), 1 Orso d'oro (2015) e altri riconoscimenti internazionali. Non solo per le qualità dell'autore, emerse con forza anche in quest'ultimo lungometraggio, ma per rispondere alle proprie intime ed agghiaccianti domande (per es: "come siamo arrivati a tal chiusura mentale?"), "Tre volti" è un prezioso esercizio artistico e ideologico.

Musica di Tutti

Film "sperimentale" russo nella minuscola "Film Club"? Andiamo. "Summer" (t.o. "Leto", o "Лето" che scriver si voglia), diretto da Kirill Serebrennikov, regista classe 1969, è un tuffo negli anni '80 di Leningrado. Tra le nuove e vecchie ondate sfuggite al Blocco, storie di musica e d'amore, intrecci di note e di baci, dopotutto, sempre a cantar di rabbia, desolazione, passione. Libertà.

Sarà...

Bernardo Bertolucci è morto. Lunedì appena passato, 26 novembre 2018, il regista parmigiano ha posto fine ai suoi 77 anni. Regista acclamato al di qua ed al di là dell'oceano, è stato omaggiato nella stessa serata, dalla rete televisiva "La 7", con due proiezioni, la prima delle quali subito rapita in Sala Valéry (la seconda è un aiuto regista che il Cinerofum non riesce nemmeno a pronunciare, tanta è la sua adorazione). Elena ed io prontissimi per "Piccolo Buddha", del 1993, tratto dal romanzo omonimo del britannico Gordon McGill, un po' meno a fine visione. L'evidente imbarazzo ci consiglia di andare a dormire in silenzio, con la fastidiosa domanda: dovevate scegliere proprio questo?

Quando si lotta, si lotta soli.

Pure venerdì scorso, cinema. Se leggi Stéphane Brizé e Vincent Lindon ormai pensi a cinema sociale. Dopo l'agghiacciante finestra sulla legge del mercato, caterpillar d'esistenze, tre anni dopo siamo qui a scoprire innanzitutto che l'operaio c'è ancora e, in secondo luogo, che "In guerra", al suo "fianco", sono ancora gli sfruttatori di sempre. Cinema doveroso che regge: al di là della retorica politica e sindacale (dei potenti) v'è la rabbia sprecata di chi non trova un'efficace guida alla lotta  di classe.

Finestra tra le bombe

Venerdì scorso abbiamo mantenuto l'impegno buttato lì qualche giorno prima (àpropos, Gui', l'hai visto?). Elena, Mino ed Io arrampicati ai "Cappuccini" per vedere il documentario siriano "Still recording", annunciato in grande pompa (un classico per la newsletter dei simpatici gestori) come mescolanza innovativa di reportage di guerra e discorso meta-cinematografico. Scritto e diretto a quattro mani da Saeed Al Batal, Ghiath Ayoub. Per noi, non c'è bisogno di abbellire alcunché, quando sullo schermo c'è orrore a sufficienza.

"La vita è un balocco..."


Mercoledì sera, stanchezza per una cinema, la sala Valéry in soccorso. Era un po' che Elena ed io non c'imbattevamo in Mario Monicelli, pertanto è stato piacevole rivedere il maestro col suo umore più caciarone. "Vita libera e bella, un giorno qui un giorno là, dove portano i piedi e la fortuna", quella che ci raccontò, nel 1987, tramite le rocambolesche avventure de "I Picari". Due in particolare: Enrico Montesano e Giancarlo Giannini che, in terra ispanica, s'imbatteranno in tanti celebri colleghi, dando luogo a siparietti tutti da ridere.

Giallorosa su letto di nondetti

La crescita cinematografica di Elena è evidente. Il Cinerofum può essere fiero della sua prima ed unica madrina, vera e propria mascotte della Sala Uander prima, Valéry dopo, se è vero che ormai spinge verso un cinema anche il sabato pomeriggio. Quello appena trascorso, per esempio, è stato speso con "Tutti lo sanno", ultimo lavoro di Asghar Farhadi, dove Penelope Cruz e Javier Bardem, coppia VIP sul set e a casa, portano avanti, su suolo europeo, l'esplorazione cara al regista iraniano sui rapporti interpersonali, travolgenti (quelli), poiché incapaci (noi).

Senza lasciare nulla

Altro venerdì, altro film. Chissà quando diverrà un automatismo, una sorta di luogo comune, assodato e vero. Questa volta la scelta, che ha coinvolto ancora lo sfortunato, si fa per dire, Mino, è caduta sul nome di Debra Granik, regista statunitense che si fece pulce e mise nido nei miei padiglioni (causa suggerimento familiare di otto anni fa). "Senza lasciare traccia" parte ottimamente, colla determinazione di chi vuol davvero indicare una diversa direzione, lontanissima dalla società del consumo e del spettacolo, più aderente alla natura che ci apparterrebbe. Ma infine chiude come se pensare ed agire differenti siano segni inequivocabili d'una follia. E allora viene da dire "cosa l'ho visto a fare?".

VoltaPadrone

Nella cartella di Forman Miloš, su cui mi poso sempre volentieri, ieri l'altro ho trovato "L'ultimo inquisitore" (2006) scritto e diretto dallo stesso regista cecoslovacco (oggi ceco). Ruotante attorno all'Inquisizione spagnola (abolita ufficialmente nel 1834, ma sempre attiva nei cuori neri) e alla figura di Francisco Goya, mette in campo una sceneggiatura avvincente da consumare veloce per godersi le bellezze dell'artista, gli obbrobri dell'Uomo.

Responsabilità Capitali

Il 18 settembre del "1938: quando scoprimmo di non essere più italiani". Documentario del giornalista romano Pietro Suber, uscito nei giorni scorsi nelle sale, ha reso doverosa la salita del Cinerofum sino alla "Filmclub". Le leggi razziali vergogna tutta italiana, bruttissima copia di ciò che accadde a Berlino, misero in luce, senza che nessuno prendesse nota definitivamente (ci mancherebbe), di quale razza di brava gente fossimo e siamo. Si parte con quel fantastico discorso da un balcone di piazza Unità d'Italia, Trieste: "L'ebraismo mondiale è stato un nemico irreconciliabile del fascismo!"...come si vedrà in questo interessante doc...magari.

Spigole e spari

Venerdì scorso, in sala Valéry, è tornato a trovarci il regista di Salò, Luigi Comencini, portandosi a presso una matta pellicola del 1977. "Il gatto", scritto dal bellunese Rodolfo Sonego, è una commedia comica ambientata in un condominio abitato da inquilini come tanti, misteriosi e stravaganti, ed amministrato da...Ugo Tognazzi e Mariangela Melato: ho scritto tutto.

Gossip di corte

In assenza. Spiazzati dalla mancata riapertura dell'"Altrove", tragedia cinematografica del centro storico di Genova, nei lunedì che verranno le proveremo tutte per tenerne alto, almeno, il prezioso ricordo. Lo scorso, per esempio, ho invitato in sala Valéry il regista classe 1940 di Leicester, Stephen Frears, il quale ha insistito per la visione di "The queen", pellicola dal 2006.

Grandi cattivi!

La "Valéry", intendo la Sala, s'è presa una bella cotta. Basta dare un celere sguardo alle ultime bobine sciorinate sullo schermo, per capire quali siano i suoi sentimenti per Vittorio De Sica. Domenica scorsa, il regista sorano ci ha portato un suo celebre invito ad una maggiore attenzione: "I bambini ci guardano", del 1943, pur nella dirompente forma che annunciò la nuova ondata del cinema italiano del Secondo Dopoguerra, esprime un cruccio per nulla nuovo, anzi, vecchio e bigotto come il titolo, che s'espande ed esaspera come un tempo i volti più espressionisti.

Baciapile su marte

Questo sabato sono riuscito a tenere fermo pure Mino. "Film cileno", lui si fida e chissà per quanto ancora rimarrà tormentone. In effetti da Sebastián Lelio, viste le due precedenti opere, in cui di nuovo si percorrevano i meandri emotivi di donne da raccontare, mi sarei atteso un altra profonda incursione tra le loro difficoltà. "Disobendience", invece, le sbaglia tutte, raccattando dove possibile un topos letterario, cinematografico, e immergendolo in dialoghi da romanzetto. Vi lascio immaginare che scrittura. Peccato per una regia capace, inevitabilmente offuscata. Tra le cause, la produzione statunitense? Nel dubbio, Seba, prenota il primo aereo per Santiago.

Tardi e mai

Venerdì scorso, oramai le si provano tutte, Elena ed io buoni buoni al cinema Sivori. La scelta era tra i due film ivi presentati. Del secondo vi saprò dire, del primo lo so già: "Le ereditiere", pelìcula paraguayana scritta e diretta dall'esordiente Marcelo Martinessi, lascia l'ottima interpretazione della protagonista, Anna Brun (le è valsa L'orso d'argento come migliore attrice) e il rammarico si non averla posizionata in un quadro altrettanto solido e convincente. Donna non cresciuta, Chela diventa specchio d'una borghesia nazionale che, tanto per cambiare, risulta del tutto impreparata.

Mens sana in corpore suo

Mercoledì scorso nel mirino c'era un film in Sala Valéry, ma grazie all'incursione di Mino si finisce al "Nickelodeon". Sempre di film si tratta, quindi bersaglio colpito. Mentre mi dirigo, do un'occhiata al paese di produzione, Belgio, Olanda...nessun rischio. In effetti "Girl", scritto e diretto dall'esordiente belga Lukas Dhont, di soli 27 anni, risulta ben lontano dalle umide e appiccicaticce sovrastrutture mentali che attanagliano chi si aggira nei pressi della città dei papi (e non solo), riesce a maneggiare la materia LGBT con delicatezza ed attenzione per noi singolari. Non solo, ricordate il titolo del blog?, il film offre sequenze da esperto ed un'interpretazione da ricordare.

Sex on boh

Ecco là. Quando pare che Il Cinerofum sia tornato ai fasti che lo rendono celebre (?), scivolone e film commerciale senza pretese (di chi?). Diciamo che lo si è fatto per la compagnia: Enri, io e FrD, nella sala senza nome di quest'ultimo, a vedere "The escort", diretto nel 2015 dallo statunitense Will Slocombe (chiii?). Le proviamo tutte: "una sorta di remake della Donna Pretty!", "Bella 'sta battuta però!", "Che gran f%$a però!" (per Frd no)...accampandoci infine presso il classico ed educato "Però non è così stupido". Che dire, guardatelo ed esprimetevi. Ah, in sintesi, una escort ed un satiriaco d'incontrano...

Solo con un cane

Domenica scorsa, in sala Valéry, ancora Vittorio De Sica. Quando il Cinerofum si prende una cotta, lo sapete, diventa appiccicoso, ossessivo. Non che, a riguardo, si faccia dei problemi; anzi, adora insistere. E continuerà a farlo sino a quando quest'indole degradata gli procurerà pellicole come "Umberto D.". Del 1952, dedicato al padre, in esso il regista infuse un'eco di tenerezza così amara che, complice il sempiterno rimpianto del Sommo Fuggitivo, la sua visione risulta appagante quanto straziante.

Fiaba di capanne e terra

Ieri è tornato in Sala Valéry, travestito da mago, il grande regista sorano Vittorio De Sica. Magia ha voluto portarci e, difatti, forza della fantasia s'è diffusa tra schermo e divano. "Miracolo a Milano", del 1951, è volo amaro su ciò che potrebbe, ma non è. Sogno ad occhi aperti d'una comunità che non ha bisogno, perché fa da sé.

Lotte d'altri mondi

Sino a mercoledì scorso, al "Sivori" in cima a Salita Santa Caterina, era in programmazione l'ultimo documentario del regista bresciano Silvano Agosti (classe 1938), che introduciamo con grande piacere nel Cinerofum. "Ora e sempre Riprendiamoci la Vita" è una carrellata di lotta di classe. Studenti ed operai che dal 1968 al 1978 (Moro) scesero nelle piazze per contrastare i soliti interessi economici e servi a guardia degli stessi, per suggerire (e realizzare?) una società diversa da quella che, negli anni, verrà identificata con la sintetica tripla "Produci, Consuma, Crepa", marchio registrato (ma replicabile) del capitalismo. Tutto bello, tutto perso.

Giustizia "zelante"

Sabato scorso, nel pomeriggio, mi son scappate due ore. M'è stato facile, dato il recente suggerimento di Bubu "Bomboclat" from Port Antonio (ieri sera: "Qual è...più? Di cosa parla?", annàmobbene), quasi istintivo, dicevo, scegliere "Tutti dentro", commedia a sfondo giudiziario scritta, diretta e interpretata da Alberto Sordi nel 1984. Il tempo scorre lungo una pellicola che non rimarrà nelle retine, ma un piccolo tarlo, che enorme dovrebbe essere, lo abbandona lì...sopra la nostra morbida ed illusoria fiducia nelle istituzioni.

Che merd[)e...

Giovedì scorso, scusate il rit., Spike Lee. Al "City" è in programmazione l'ultimo lavoro del regista afroamericano da sempre in lotta contro il razzismo, dietro la m.d.p. e davanti ai microfoni. Elena ed io fummo pronti per "BlacKkKlansman". Lontano dall'esplosiva quanto sterile retorica, spesso mancante il bersaglio (il nesso economico su tutti), questa volta l'autore di Atlanta pensa a confezionare un film d'azione che intrattiene, diverte e, con sorpresa, ancor più di roboanti accusatorie individua vari aspetti del problema (come detto, non tutti).

Nulla resta

Mercoledì scorso l'unica cosa abbordabile nelle sale cinematografiche è stato "Lucky", film d'esordio dell'attore statunitense classe '963 John Carrol Lynch. Figuratevi la soddisfazione, quindi, nel ritrovarsi davanti ad un film inutile, dal canovaccio logoro e cosparso di facili quanto sterili sentimenti. Se bastasse piazzare sullo schermo un simpatico vecchietto, il cinema sarebbe ben poca cosa. D'altronde, per celebrare un nonagenario di Hollywood, come Harry Dean Stanton (1926-2017) qui al suo canto del cigno (morrà pochi mesi dopo), si può organizzare una festa ben più.

Sana concorrenza

Stavo dimenticando di dirvi che, domenica scorsa, in sala Valéry è venuto a trovarmi un regista statunitense già incontrato in via Rolando, l'anno scorso. Joseph L. Mankiewicz s'è presentato col suo "Lettera a tre mogli" sottobraccio, accompagnato da tre grandiose coppie di attrici ed attori, grazie alle quali, nel 1949, realizzò una pellicola godibile ed intelligente sull'amore coniugale. Quindi sulla gelosia, sempre in agguato in una società che non permette, sine pecunia, la sicurezza di sé che apra, con sincerità, agli altri.

Vita breve, zero sprechi

A volte va così. Non mi riferisco all'allucinatoria sconfitta di sabato scorso, bensì alla proiezioni di ieri sera, in sala Valéry. Bon, almeno è viva. Dopo aver "rischiato" pellicole ben più, causa impianto audio da rivedere non ho saputo sfoderare altro che "Una pazza giornata di vacanza" (t.o. "Ferris Bueller's Day Out"). Film per ragazzi, "brat pack", dicunt. Insomma, storia di monellacci pronti a marinare alla prima occasione, scritta e diretta nel 1986 dallo statunitense John Hughes (1950-2009). Ancorché titubante, non stoppo il lettore...vediamo un po' che ne esce.

Consacrata famiglia

Dopo un venerdì imbizzarrito, ne serve uno queto. Perciò, l'ultima Palma D'oro, vinta dal Hirokazu Kore'eda, pare fatta apposta per catapultarci nelle riposanti atmosfere dell'Estremo Oriente; col taglio dei grandi autori del passato (Ozu è lì, i maghi del Neorealismo appena dietro, Fellini fa capolino), "Un affare di famiglia" dimostra, altresì, la robustezza di una regia che muove sapientemente i protagonisti di questa vivace e malinconica famiglia allargata.

Lo Stato uccide: Stefano Cucchi

Torna Elena e, gulp, mi trascina al cinema. Nel mirino c'è il film che racconta l'uccisione di Stefano Cucchi, trentenne romano classe 1978, per mano di due carabinieri. Diretto da Alessio Cremonini, anch'esso romano di 45 anni, "Sulla mia pelle" non dev'essere commentato, bensì visto. In rigorosa riflessione sulla disumana condizione in cui abbiamo deciso di porci: cioè metterci nelle loro mani.

Dammi un bacio

Martedì scorso ritorno al passato per la sala Valéry. Esattamente al 1962, quando Valerio Zurlini convocò per la seconda volta il ventunenne parigino Jacques Perrin, da affiancare ad uno dei Marcello Mastroianni più addolorati. "Cronaca familiare", dall'opera del fiorentino Vasco Pratolini (1913-1991), scritta quindici anni prima, tratta di un amore turbolento tra fratelli, immerso nel vuoto rancore ereditario della solita, ennesima guerra.

Quasi fatta

La Sala Valéry sta tornando con determinazione al vecchio ruolino di marcia. Lunedì scorso ha fatto il suo ingresso nel Cinerofum un regista statunitense Gregory Hoblit, classe 1944, con una manciata di film sulla schiena, tra cui il pregevole "Il caso Thomas Crawford" (t.o. "Fracture", molto più aderente...alla sensibilità del maniacale protagonista). Del 2007, quinto e attualmente penultimo lavoro, esegue con cura il suo compito di giallo classico, col delitto quasi perfetto a spiazzare inquirenti, avvocati e magistrati. Risultato ottenuto grazie ad Hopkins che, richiamato nelle vesti del cugino del Cannibale Annibale, porta a casa, a mani bassi, un altro "trofeo", tenendo col dirimpettaio Gosling, all'altezza, la corda ben tesa.

Autori ricascanti

Ecco perché un blog così può tornare utile, almeno al sottoscritto (perdonate). Uno sguardo ai film: c'è una produzione polacco-statunitense, con Jim Carrey e Charlotte Gainsbourg protagonisti, diretta da un regista greco, Alexandros Avranas che nel lavoro precedente, del 2014, colpì con violenza...Una lampadina s'accende, ma senza emettere luce, sino a quando vado sul Rofum e cerco...Ok, proseguiamolo il discorso con questo autore ambizioso, rigoroso sul piano visivo e desideroso di scandalizzare con gusto. "Dark Crimes", del 2016, è uscito in ritardo nelle sale italiane, o forse in tutte?...

Tutti al capolinea del 5

L'avrete capito anche dal numero di recensioni, raramente così basso come questo agosto. Il Cinerofum è in difficoltà d'ispirazione. Un po' la calura, un po' la scarsità di titoli accettabili proposti dalla pregevole distribuzione italiana, poi gli altri impegni, tant'è che ultimamente...pochi titoli e scalerci. In questo senso, "Final Destination 5" è sintomatico del livello in cui si trova la fu gloriosa Sala Valéry. Non è il caso di spaventarsi, allarmarsi sì. Questo n-simo capitolo della saga dedicata alle dipartite più spettacolari, accidentali e insindacabili, diretto dallo statunitense classe 1967 Steven Quale, fa bene il suo lavoro sporco. Resta da capire se lo stiamo facendo anche noi, in sala.

Finché va, lasciala.

Proprio quando pensavo d'aver avuto l'onore di iniziare alla carriera di spettatore cinematografico la più bella nipotina, ecco che si spengono le luci e mi fugge gridando lamammaaa. Cambio di sala, pertanto, e mi ritrovo con tutt'altra compagnia, non meno piacevole (Pulcy Dani ed Elena). Dai un cartone animato III di dubbia qualità, mi ritrovo a vedere "Resta con me", scritto e diretto dall'islandese classe 1966 Baltasar Korkámur, dove l'ovvia barchetta di piccioncini (appena incontratisi, of course) si ritroverà alla deriva ("Adrift" è il t.o.) nel bel mezzo di una pacifica tempestuccia. Storia vera come l'uragano Raymond del 1983.

Boicotta Autogrill

In quel di Andalo, nell'accogliente sala Pegorar, la scorsa settimana s'è mantenuto vivo il Cinerofum. Seppur a qualche centinaio di chilometri dalle consuete poltroncine, seppur grazie ad un thriller in salsa (americana) road movie. Oh, che poi...alla fine della fiera Elena ed io soddisfatti dell'ottima compagnia. D'altronde, con quella sagoma di Kurt Russel, nel 1997 in fase calante ma ancora arzillo e desideroso di dar prova di sé, azione e divertimento sono solitamente assicurati. Quell'anno lo diresse Jonathan Mostow, statunitense classe 1961, in "Breakdown" (s.t. italiano "La trappola"), dimostrando di essere un buon manovale del genere.

Che fortuna Coglionello!

Ed invece l'altroieri sera filmone della madonna incoroneta di Molfetta in Sala Valéry. La Ele chiede qualcosa di leggero e allora beccati sto "La dottoressa ci sta col colonnello", cult-movie della commedia erotica nostrana. Diretto nel 1980 da Michele Massimo Tarantini, classe 1942, istituzione in questo genere di pellicola, fece saltare i tappi ormonali ad adolescenti imberbi ed irsuti d'ogni età, non certo per le calze di Lino Banfi, né per lo sguardo di Alvaro Vitali, bensì grazie a Nadia Cassini, l'avvenente peperina, classe 1949, che venne da Woodstock portando con sé il proprio...fondoschiena, oggettivamente ammirevole chef-d'oeuvre.

E domatela!

Sabato scorso vi siamo riusciti. Il DVD recuperato già da mo', come si dice: mancavano tempo e voglia. Soprattutto tempo, poiché "Magnolia", scritto e diretto da Paul Thomas Anderson nel 1999, dura più di tre ore; la voglia di (ri)vedere forse il più acclamato film del regista californiano, qui al suo terzo lavoro, non mancava punto. Virtuoso della m.d.p. e della sceneggiatura, forse qui dimenticò che certe altezze debbano comunque posare su basi, in questo caso psicologiche, solide e profonde. Altrimenti il castello cade.

I papaveri della memoria


La settimana scorsa, lo stesso giorno in cui Gaetano faceva capolino da qualche parte a Cirié (13 agosto 2018), solitario in sala Valéry mi sono imbattuto in un prezioso frammento di cinema georgiano. Con la sola condizione che fosse un film straniero precedente al 1990, la mia ricerca mi ha difatti condotto presto alla voce Abuladze Tengiz (1924-1994) ed al suo "L'albero dei desideri" (1977). Sullo schermo i poetici "Quadretti di vita della  campagna georgiana prima della rivoluzione, tratti dai racconti di Gheorghij Leonidze", vividi scorci di uomini donne bambini evocati con forza e delicatezza dall'epoca del ricordo, sino a renderli eterni personaggi di ogni dove.

Corpodesiderio

Caldo micidiale, i lunedì-venerdì in ufficio, vien quasi voglia di una remota isola deserta, possibilmente circondata da spiagge caraibiche, tra palme e pesci padroni. Quindi l'offerta del canale 8 è stata colta al volo, da Elena e me. La sala Valéry, ieri sera, s'è trasferita nella "Laguna blu" dove il desiderio si può vedere e toccare. Diretto dallo statunitense Randal Kleiser, appena fresco del musical più celebre e travolgente, questa terza trasposizione degli incontaminati lidi della passione raccontati dall'irlandese Henry De Vere Stacpoole nell'omonimo romanzo del 1908. Inizia come film per ragazzi, tra le prime giocose avventure nella natura, per poi condurre gli stessi, idealmente, tra le acque del loro intimo piacere. Asso piglia tutto, la bellezza perfetta e pura della protagonista, la newyorkese Brooke Shields, allora quindicenne mozzafiato.

Su, avvicìnati...

Quindici mesi dopo la sua scomparsa, Il Cinerofum ha rivolto un secondo ricordo al regista statunitense Jonathan Demme. La sala Valéry ha cosparso Elena e me del manto truculento di un assassino seriale. Anzi, DEL Serial Killer, trattandosi niente meno che di Hannibal Lecter, alias "The cannibal". Pluripremiato e tra i più citati di sempre, "Il silenzio degli innocenti" (1991) è una perfetta macchina cinematografica (da soldi ma non solo): sceneggiatura, ritmo, non ultimo la disinvolta quanto efficace regia del suddetto autore, capace di alcune memorabili sequenze d'impatto immediato e che balzò così, un po' a sorpresa, tra i registi che contarono.

Eravamo tanto, appunto

Venerdì scorso, ancora Ettore Scola. Ci abbiamo provato, come al solito. Ma all'ingresso del cortile della Maddalena, per "C'eravamo tanto amati", forse la pellicola più celebre del regista di Trevico, realizzata del 1974, quando la maschera di una repubblica "democratica", fondata sul lavoro e antifascista era già coperta dalla polvere, con Elena e me non c'era nessuna faccia nota. Peccato, ché queste commedie italiane, firmate tra gli altri dai "mostri" Age & Scarpelli, avrebbero ancora molto da far sorridere e...riflettere.

Vuoto in terrazzo

Ai ragazzi dell'"Altrove", trattandosi di Cinema, perdoniamo tutto. Perciò anche venerdì scorso, Elena ed io, ci siamo incamminati verso il piccolo chiostro della Maddalena, accettando giorno ed orario. O forse l'abbiamo fatto solo per questa gente: Alessandro Gassman (olé!), Marcello Mastroianni (olé!), Serge Reggiani (olé!), Ugo Tognazzi, Jean-Louis Trintignant (olé!)...? Questo squadrone, da cori ed ola sugli spalti, fu messo in campo nel 1980 da Ettore Scola: "La terrazza" è il solito impietoso scorcio sulla bellezza in costante putrefazione dei salotti della borghesia cittadina, nonché sui rimpianti di ciascuno, sempre presenti poiché nessuno libero.

Cuore d'oca

La sala Valéry è tornata arrembante e mercoledì scorso, scartabellando, s'è imbattuta in John Schlesinger, il regista londinese già conosciuto per le sue nefaste domeniche. Il suo lavoro successivo, del 1975, fu "Il giorno della locusta", tratto dall'omonimo romanzo di Nathanael West (1903-1940). E' la storia di un amore ai tempi della Hollywood in picchiata, di rapporti personali incancreniti, in balia dello show-business tutt'intorno. Non ne può uscire nulla di buono...a prescindere dall'"acume"  e dal fulgore della parte femminile.

Chi ti crede?

La sala Valéry è ufficialmente finita...nel tunnel...anzi, nel tubo. Molti film a disposizione, immediata connessione tra dispositivi (per chi ne ha): non resta che scegliere. Lunedì scorso, per far fronte al "tradimento" dei ragazzi dell'"Altrove" (venerdì?!), Elena ed io siamo ricorsi ad un nostro toccasana: Sir. Alfred Hitchcock. Pellicola del periodo inglese (1938), "Il club dei 39" (anche come "I 39 scalini") mostra un regista spigliato col mezzo cinematografico ed ormai padrone del ritmo, qui alle prese con una spy (and love) story che intrattiene con fughe rocambolesche e audaci allusioni.

Colpa e punizione

Parliamo un po' dell'ultimo film uscito nelle sale italiane del regista greco Yorgos Lanthimos, già noto qui per la precedente aragosta. "Il sacrificio del cervo sacro", del 2017, è un thriller psicologico dall'impostazione classica, che non richiede nessuna indagine o cartella clinica, seppur quasi interamente ambientato in ospedali, semmai poggia sui primordiali principi di colpa ed espiazione. Rimorso e paura. Temi attorno ai quali, abbandonati in ambienti asettici assieme ai protagonisti, ruota uno sguardo sbigottito, echeggia una musica di morte.