Responsabilità Capitali

Il 18 settembre del "1938: quando scoprimmo di non essere più italiani". Documentario del giornalista romano Pietro Suber, uscito nei giorni scorsi nelle sale, ha reso doverosa la salita del Cinerofum sino alla "Filmclub". Le leggi razziali vergogna tutta italiana, bruttissima copia di ciò che accadde a Berlino, misero in luce, senza che nessuno prendesse nota definitivamente (ci mancherebbe), di quale razza di brava gente fossimo e siamo. Si parte con quel fantastico discorso da un balcone di piazza Unità d'Italia, Trieste: "L'ebraismo mondiale è stato un nemico irreconciliabile del fascismo!"...come si vedrà in questo interessante doc...magari.

Note e meno le considerazioni snocciolate: il fascismo italiano nato non come antisemita (ma, evidentemente, poi diventatolo al calar della braga); lo sciovinismo degli anni 20 che arruolò anche molti ebrei; come gli Ovazza orgogliosi nazionalisti e...fascisti, impegnati come altri nel tragico obiettivo di convincere che "gli ebrei non fossero nemici del fascismo". Gli stessi che scrissero sulla propria tomba: "Patria, Fede e Famiglia", stupirono poi di trovarsi travolti da un'altra concezione esistenziale, ancora più infingarda e colpevole. Si giunge quindi all'antiebraismo indurito italiano, ancor più violento di quello hitleriano (si ricorda ad esempio l'immediata espulsione dalle scuole, ignobile peculiarità nostrana).
Ma quale antifascismo da chi non va oltre uno schema che, già di per sé, è prevaricazione? Poche speranze senza lucide analisi e conseguenti comportamenti. Quanti ebrei scampati hanno posato il piede sul doveroso e irrinunciabile gradino dell'anticapitalismo, radice di ogni follia autoritaria? Non molti, come tra tutti gli i gruppi etnici o religiosi che fossero. E allora campa cavallo. Hai voglia di stupirsi di violenza su violenza sull'uomo, di soprusi di pochi su molti, e così via. Via dal mondo. "La cosa che mi ha fatto più rabbia è che hanno costruito villaggi con i nostri soldi". Appunto. Sin che la rabbia deriva dal portafoglio, lo spirito brancolerà (nonché...andrà a votare...il miglior offerente!). La questione è ben più intima e vitale, di qualche spicciolo.
Sempiterno monito (già dimenticato) al ragionare; come insegnava l'indimenticato "Bomber": al "ricercare da sé la verità". Perché un giorno quelli perseguitati potremmo essere noi, come gli aguzzini.
E i papi? I Pii? I savoia? Aspetta e Spera. Anche questa una pagina tutta da ridere se non fosse per gli ammazzati. Chiesa e monarchi da sempre piegati al guappo di turno, che porti loro danari. W i Moretto sparsi per i ghetti, allora. E Nessuna memoria, o infame e putrida, pei Cialli Mezzaroma, le Celeste Di Porto o altre Pantere Nere (loro e chi nun ce li manna). Senza evoluzione, se dinanzi alle vittime del padre (Nicola Pende) una figlia ormai cresciuta riesce a difenderlo come una scolaretta, in nome di una scienza comunque non richiesta.
Questi eroi, compreso il capace e non privo d'un certo fascino Alessandro Samuelli, li lasciamo a repubblichini e frustrati. Il loro posto è lì, assieme ai nuovi perfetti esemplari mostrati in chiusura (FN, CP e compagnia brutta). Che forza questa cultura del nulla, di parole da farcire con la prima idiozia. "Il più grande statista". Ci credete davvero?
(depa)

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