Musica di Tutti

Film "sperimentale" russo nella minuscola "Film Club"? Andiamo. "Summer" (t.o. "Leto", o "Лето" che scriver si voglia), diretto da Kirill Serebrennikov, regista classe 1969, è un tuffo negli anni '80 di Leningrado. Tra le nuove e vecchie ondate sfuggite al Blocco, storie di musica e d'amore, intrecci di note e di baci, dopotutto, sempre a cantar di rabbia, desolazione, passione. Libertà.

Bianco e nero frizzante da decennio precedente parigino. Giovani carichi e sudati, se non fosse che bisogna entrare dalla finestra, schivare i direttori, guardiani, kapò di turno, e restare seduti. La musica, essendo una forma di energia, ha sempre potuto molto in termini di liberazione. Anche in URSS. Anche se, insomma, qualche danno è stato fatto (sul piano artistico, oltre ai morti). La pellicola inizia raccontando della classica società, in termini culturali e artistici, in netto ritardo. Poi, tra canzoni che vorrebbero gettare un po' di giusta "Spazzatura" in faccia ad un sistema che definire ridicolo è poco (un punk-rock in sordina quasi impercettibile), e video-clip liberatori in cui, con grafiche da "Take on me", i giovani scalmanati fanno i ribelli, entra in scena un cantante che dirà la sua, a modo suo.
Se da una parte la hit-parade può risultare un po' scontata e ammiccante, dopo quasi 40 di heavy rotation, è anche vero che il film narra si quegli anni e, se quei pezzacci erano stati bombe nei rispettivi paesi di creazione, figurarsi oltre la Cortina di Ferro. Inoltre, si tratta sempre di cover più che godibili, riviste col sound di quell'URSS. Evidentemente le sonorità erano proprio quelle, le originali, niente da eccepire. Ad ogni modo la pellicola è da vedere proprio perché non si limita ad affrescare quell'atmosfera scalpitante che, a ben vedere, caratterizza qualsiasi adolescenza aggregata, almeno dalla nascita del rock in poi. Ma è proprio all'arte di Mike Naumenko (1955-1991) ed ai testi originali e liberi di Vicktor Coj (1962-1990), leader del gruppo new wave Kino ("Кино") che è certamente più interessante volgersi. Carico di seducente poesia il primo. C'era qualcosa di elementare e stupito nella parole del secondo, artista sovietico di origine koreana, più potente di un'arma: portavano a riflettere non solo sulle luci, ma anche sulle ombre, anche le insignificanti, poiché da quelle può scaturire il raggio salvifico d'un ironico sorriso. Oehp.
Niente di innovativo. Elena frustrata dalla leggerezza della pellicola, io col piedino che dondola, godendomi la mia dolce malinconia eighties. Resta il fatto che se questi film girassero sulle imputridite reti televisive, raccoglierebbero un bel gruzzolo di punkettari pronti a scambiarsene copie pirata. O non si fa più?
(depa)

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