Finestra tra le bombe

Venerdì scorso abbiamo mantenuto l'impegno buttato lì qualche giorno prima (àpropos, Gui', l'hai visto?). Elena, Mino ed Io arrampicati ai "Cappuccini" per vedere il documentario siriano "Still recording", annunciato in grande pompa (un classico per la newsletter dei simpatici gestori) come mescolanza innovativa di reportage di guerra e discorso meta-cinematografico. Scritto e diretto a quattro mani da Saeed Al Batal, Ghiath Ayoub. Per noi, non c'è bisogno di abbellire alcunché, quando sullo schermo c'è orrore a sufficienza.

All'uscita, sul sagrato dei Frati Cappuccini, Mino sentenzia "Vabbé sono immagini amatoriali". Innegabile. Non è certo la bellezza delle immagini a colpire, né questa era la speranza degli autori. Ciò che conta è che le immagini provengano da , dalla Siria martoriata dagli interessi economici internazionali. Testimonianza inutile per un mondo di sordi, messaggio di morte in bottiglia di veleno senza destinatari. Filmati dai territori di guerra se ne vedono molti e questo si accoda a questi giusti lavori, consegnando comunque attimi propri, ora tragici ora di speranza, come il cecchino che tranquillizza la madre mentre punta il bersaglio (quella normalizzazione della guerra che ormai è cosa nostra); o la "dama nera" che vaga tra le macerie invocando pace tra musulmano e musulmano (a rispettare il sacro tòpos del saggio-folle, qui sotto i MIG che rombano); o il dolce e vispo bambino che descrive l'ultimo attacco aereo (scosso ma incredibilmente lucido nel descrivere boati, crolli e pezzi di corpi); o "lo sportivo", che crede ad oltranza nella funzione salvifica della ginnastica. Nonché "il rompicoglioni di turno", pure sotto le bombe, ad additare scritte o manifesti sui muri ("senza senso" è l'unica che mi viene in mente), probabilmente col suo tornaconto (leggi money oppure, all'inferno, mezzo litro d'acqua pura), o forse solo perso.
Che possa essere definito "allo stesso tempo un saggio di teoria cinematografica", mi pare riduttivo per tutto ciò che una teoria può contenere. Ma le emozioni da cinema, quelle sì, ci sono, poiché non si resta freddi dinanzi ad uno scorcio di morte, sull'altra metà del pianeta.
In Siria, come ovunque, vite che vogliono avanzar libere, ragazzi e ragazze festeggiare, cantare, cazzeggiare, suonare, correre, adulti fare, far nulla, gridare, inventare, vecchi ripensare, ricordare, riposare. Ma non sono nati nei nostri pressi, quindi cazzi loro, ordino qualcosa su Zarrando per mio figlio che amo.
(depa)

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