Baciapile su marte

Questo sabato sono riuscito a tenere fermo pure Mino. "Film cileno", lui si fida e chissà per quanto ancora rimarrà tormentone. In effetti da Sebastián Lelio, viste le due precedenti opere, in cui di nuovo si percorrevano i meandri emotivi di donne da raccontare, mi sarei atteso un altra profonda incursione tra le loro difficoltà. "Disobendience", invece, le sbaglia tutte, raccattando dove possibile un topos letterario, cinematografico, e immergendolo in dialoghi da romanzetto. Vi lascio immaginare che scrittura. Peccato per una regia capace, inevitabilmente offuscata. Tra le cause, la produzione statunitense? Nel dubbio, Seba, prenota il primo aereo per Santiago.

Il film è tratto dal romanzo omonimo di Naomi Alderman, corpulenta autrice londinese, classe 1974, cresciuta proprio in una comunità di ebrei ortodossi, quindi imbecilli, simile a quella tratteggiata nel suo romanzo e "tradotto" in immagini dal nostro Lelio. Tanto rancore, non v'è dubbio, deve annidarsi in quei luoghi chiusi. Comprensibile che questo non permetta, a chi ne è pervaso o travolto, una visione lucida a riguardo. In questo caso, sarebbe stato sufficiente evitare alcuni passaggi davvero indigeribili, come il sempiterno abbraccio passionale del marito alla moglie fedifraga ancora scapigliata: "Non ne ho voglia". Se, però, vi emozionate nel vedere una figlia che fa lo stesso davanti alla tomba del severo padre-rabbino, da cui scappò oltre un intero oceano, perché un suo discepolo, per un isolato afflato di senno, parrebbe aver realizzato di aver detto belinate per anni, questo il film per voi.
Due lesbiche immerse nell'ortodossia religiosa sono fottute. A meno di riprendersi la vita e contribuire, assieme ad altri, al lento ed impercettibile progresso umano. Nessuna novità. Come in questa pellicola di baciapile.
Cileno, tsz...scusa Mino. Djavavan'.
(depa)

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