Tutti a soqquadro

La seconda volta che incontro John Cassavetes regista (dopo sette anni, Foglius gratia) è per buttar giù d'un fiato il suo corroborante esordio. Del 1959, roba da due dollari che sa d'antigelo, "Ombre", liquoraccio che scalda il cuore. Etichetta che diviene manifesto.
35mm. Ben Carruthers e Lelia Goldoni sono Bennie e Lelia. Nei titoli di testa scatenati, la musica che cambia. Rock, quindi giù nelle strade, dai Boys. Tra le stanze, dove il jazz ancora illude. "Hey Bennie!" e Cassavetes interviene, cameando, a difesa delle indipendenti. Adulti irrealizzati. Serate letterarie, concerti, musei...le proposte mummificate del produci-crepa. Tutti al Metropolitan! "Ci fa o ci è?". Central Park è una parentesi, tra cari e vecchi strangers, brothers, torna la trita melanconia. Le ombre sono molte, tossica dipendenza dalle "piccole cose razziali", gelosie borghesi, apatie proletarie. Tempi duri, ritmi sincopati, per la donna sempre a immagine di. "Io sono come sono!". Una parola fraterna, comunque, fa.
Non ho la visuale per poter scrivere che shock fu, ma che sullo schermo qualcosa stesse accadendo, è lampante.
(depa)

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