Labbra secche

Mercoledì passato, in sala Valéry, prima proiezione vera e propria allestita per il nostro cinefilo milanese. Colpa sua che, nel Cinerofum, abbia irrotto Tsai Ming-liang, firma autoriale che si assesta nel primo fronte del nuovo cinema internazionale. Nel 2006, il regista malese ottenne "solo" l'Orso d'Argento, con una pellicola scabrosa ed esplosiva sulle distanti sensualità urbane: "Il gusto dell'anguria" (t.o. "The wayward cloud").
Sembrava un banchetto, era prigionia. Pareva un gioco erotico, era finzione serializzante, digitalizzante: morte. Mezze lune solitarie. Anche i Soli, ormai si sa. La "Nuvola capricciosa" del titolo originale ricopre tutti. Mostrando tutto.
Csì ambizioso e riuscito, coraggioso e determinato, secondo me il miglior Tsai visto sinora. Caleidoscopio di generi, musical è l'ultimo (non per fattura, anzi). Attimi d'avanguardismo, momenti di surrealismo, tributi alla Nouvelle Vague. Il tutto ripenetrato con stile e personalità. Non solo cura nell'immagine, con raffinate inquadrature scentrate, sbieco d'esistenze. Anche la comunicazione, demandata ad altoparlanti, corsivo fuori campo che non ci riguarda. La vicinanza nei silenzi inaffrontabili, lamenti gemiti vocalizzi d'un Ovidio, più che dimenticato, messo in vitro. Sospesi tra una prestazione e l'altra, scandalosamente nei pressi del porno, come ogni giorno. Nelle solitudini grandimetropolitane, finzioni e protesi, artifizi ed egoismi. Senza ombra di moralismi, anzi tuffandosi nell'orgasmica ebbrezza, per poi spremerne la seminale freddezza: una lacrima.
A fine visione, tutti affascinati dalla Scuola Taiwanese.
(depa)

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