Circo chiuso

Balzellando sulla filmografia di Tsai Ming-liang, all'anno 2006, si giunge a "I don't want to sleep alone". Altra splendida riflessione sulle distanze urbane, in cerca d'affetti irriconoscibili.
Lee Kan-Sheng, sempre, nel cuore oramai. Cinema da seguire con attenzione, coi segnali dispersi nella profondità di campo, da scrutare nei minimi sintomi dei protagonisti. Pirati malesi metropolitani. Regia sopraffina che rapisce coll'andamento sinfonico dei clacson: la sequenza del materasso. L'attualità di Tsai anche nell'inquadratura del dispositivo Lavoro (sfruttamento), agli antipodi da quella autorealizzazione, mai liberazione, spacciata con astuzia dalle istituzioni. Gli incontri della mezz'ora, tanti piccoli atomi comunitari che non s'attaccano (tantomeno attaccano). Ottimo esempio di lentezza ineffettiva, quando l'immagine è pregna e preziosa, non v'è bisogno di sequele d'eventi accattivanti. "Eccolo di nuovo, accanto a lei...". Tornano gli Amori Ultimi, così come le voci elettroniche dalle sciatte comunicazioni e le intemperie proletarie. Perversione ritorta in tenerezza, cinema asiatico docet. Altre coltri minacciano la vita.
Il più lirico dei suoi film, sui piani paralleli, scale inverse che allontanano nel nulla. Reazioni indecifrabili, subito umane. Ai sonni solitari.
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento