Cin-etica

Non mi scordo dell'appuntamento, ora  e mai consueto, organizzato la settimana scorsa, sulla Rive Gauche del centro storico genovese. Il nome Frammartino ha fatto capolino qualche mese fa. Cinerofum segna mentalmente, Michelangelo Frammartino, e fa il gesto della vittoria ficcata negli occhi del regista milanese, classe 1968, col cuore in Calabria. "Le quattro volte", del 2010, è un'incredibile macchina cosmologica. Immagini in versi rimati, tutto si crea tutto si distrugge, per fare il legno ci vuole il gregge.
Natura morta. Viva vita. Non una parola, cinema animale, al ritmo del tempo, tragitto di luce. Si potrebbe risfoderare "Bressonismo rigoroso" o accostare "Olmianamente". Io, sempre io, smarrito nel cinema orientale, cavalco draghi indocinesi. Come nei migliori esempi di cinema.
Il concetto di lentezza si frantuma in mille espansioni d'attimi rigurgitanti dettagli e riflessi. Il vezzo dell'autocompiacenza s'infrange nella scrittura, geometrica, materica, cosmica. Nell'idea e nel sentire di un autore milanese. Tre lungometraggi in diciotto anni, questo di mezzo è un piccolo gioiello, da non ingerire.
Scendo i 147 scalini della Sala Negri, come un mantra, prendo "Stradone", quindi "Giustiniani", "è la strada giusta, è la strada giusta".
W le conseguenze, Pitagora Suichi!
(depa)

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