Il secondo giorno in solitaria, ammaliato dal cinema orientale, capiente pot multicolore, l'ho concluso dalle parti di Hirokazu Kore'eda. Autore caro al Foglio, nel 2001, diresse "Distance", pellicola che parte da un'idea affascinante, poi spreca in un convenzionale, ma curatissimo, rientro.
Cicale e pettirossi anticipano un molo per salpare. Tokyo. Virus nelle tubature dell'acqua. Ricordate? I giapponesi sicuro. La grezza ricercatezza del regista. Rumori metropolitani e suoni naturali per la "realistica" colonna sonora. Gita commemorativa delle 128 vittime dei fanatici religiosi? No, sballottati coi "i familiari dei responsabili", in cerca d'espiazione non richiesta. Quindi "Una brutta situazione davvero" (senza rete cellulare!). "Così silenzioso che si può sentire ogni rumore", dell'anima, intende l'autore. Cinque "uccelli solitari" per un elegante cinema introspettivo. "Hai qualche rimpianto a lasciar questo mondo?" ("Non credo"). Nel rifugio in riva al lago, attorno al falò. In fondo una morale pacificatrice, proprio quando le fiamme dovrebbero divampare...Lentamente, giunge il momento clou, mi dico. In prossimità della morte, ogni gesto si fa simbolico, mi convinco. Come la morte stessa, sin quando cade, fantastico.
A cascarci sono io, questa non è la Corea e finisce tutto in un...cerino. L'ambizione era affrontare di petto un episodio raccapricciante, il risultato è una buona opera catartica, dai loquaci silenzi raccordati da raffinati momenti di cineme. Emerge quindi la differente volontà d'urto delle due scuole eccellenti scuole.
A cascarci sono io, questa non è la Corea e finisce tutto in un...cerino. L'ambizione era affrontare di petto un episodio raccapricciante, il risultato è una buona opera catartica, dai loquaci silenzi raccordati da raffinati momenti di cineme. Emerge quindi la differente volontà d'urto delle due scuole eccellenti scuole.
Lo trovate sul tubo.
(depa)
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