La mattina seguente illuminò la sala Valéry con un bianco e nero di rara forza e delicatezza. Opera unica dello sceneggiatore statunitense Dalton Trumbo (1905-1976), "E Johnny prese il fucile", del 1971, è una perla luminosa, e resistente, che attraversò i fuochi ardenti dei dolori (crimini) della guerra. "Grand premio speciale della Giuria a Cannes", monito esplosivo già perso nel vento.
Passionalmente, da "RoissyFilms". Nei bei titoli di testa, documentaristici, abbominevoli reperti storici, le parate della morte. Marce, grinte, grida, esultanze. Ancora oggi la guerra galvanizza corpi già morti. Di padroni e proletari.
Vivo per un midollo, Johnny. "Né memoria, né sogni, né pensieri, come i morti". Eppure, Johnny volontario innamorato, dal letto di morte inerme, ricorda e pensa. Piazzato in un'"utility room", "esperimento" da "macellaio". Nodi capitali irrisolti, affrontati con l'onestà che non alberga nell'arte di massa. Riflessioni su "tecniche nuove", strumenti di morte militari. "A immagine di Dio", verissimo. "Ridotto ad un aborto di natura", piuttosto che servire scienziati e generali, supplica di essere mostrato, freak della follia militare.
"E' buio qui". Sensibilità sbaloriditiva per i momenti dolci, come per quelli della sofferenza. Ottima regia, con fotografia e scenografia a livelli altissimi. "Santa e giusta guerra, per diffondere la pace". Amen. L'accecante e ipocrita retorica guerresca. Soggetto splendido, dal romanzo dello stesso regista, si presta ai suggestivi quadri della memoria, splendide parentesi oniriche degne delle Grandi Firme (Buñuel diede suggerimenti). Certo, l'infermiera scrive "Merry Christmas" (non s'abbreviava), questo l'angusto spazio comunicativo tra gli attori della società.
Monologo finale che è uno strido contro molta parte della nostra società. "Sono costato molti progetti". E conclusione anti-hollywoodiana, come il suo scrittore, forte di uno sgomento che mai l'abbandonò. "SOS Aiuto".
"150 milioni di dispersi o feriti". Grazie agli assassini monturati.
Altra chicca dal cilindro di Frd, basito.
(depa)
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