Non ho resistito. Mesi lì a guardarlo, nessun incentivo. Assurdo per riguardo verso uno dei nostri miti luminosi, mi sono avventato su Kim Ki-duk. Sua terza pellicola, del 1998, "Birdcage Inn" (t.o. "Paran daemun"), è un tuffo nella sua sofferta poetica. Splendido squallido anfratto dell'umano, dove emozioni e violenze s'aggrovigliano a ore.
Pesce rosso, morto, tartarughina arranca, su di un porno logoro. Schiele piantato nella sabbia, sulla meravigliosa acciaieria. Bellezza salvata da un naufragio su di una sedia blu. Dalla pensioncina "La Voliera", una pellicola letteralmente pittorica, intensa. Kim impietoso verso i bassifondi, ma capace della pietas che conquisterà la critica internazionale. Sulla torre in mezzo al mare, non c'è Di Caprio, qui il principe se ne va, somma vicinanza.
"Volevo solo vedere come stava il pesce rosso", mh, sì. Soldi mescolati ad ormoni, torbide coincidenze, "non sei l'unica a vivere di questo, tutti noi lo facciamo". Spesso basta rimuovere un po' di polvere. Bellezza ferita che stringe il cuore. Pazza melodia (facciamo da noi!). Empatia più profonda, cifra dell'indimenticabile, unico regista sudcoreano. "Sei così bella". Brividi. Ci mancherai, Kim, parecchio.
(depa)
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