Grazie ai fiorentini del "Korean Film Festival", edizione 2021, il Cinerofum ha potuto sprofondare nel regista che adora più ciecamente. Ad un anno dalla morte, non smette di compiangere Kim Ki-Duk, che nel 2015 gridò un'altra pellicola a difesa della terra: "STOP" (2016) è basta al nucleare, finis all'elettricità, stop ad un sistema che, in cambio della rinuncia alla vita, ci ha fatto accettare la morte.
Terremoto. Evacuazione di trolley. Società ad accomandita Spietata. Lo scotch di Kim a incatenare la furia di madre di Miki. Alla fine della sua obliata carriera, lo spirito condivisibimente rancoroso dell'autore che, d'altronde, ha sempre alzato inni a madre natura, accuse all'uomo. Low budget, alto contenuto. Conta il "cosa", l'urgenza è adesso: BASTA. Ma si staglia la ruvida poetica del sudcoreano. Studio delle luci, colpa della corrente elettrica, che poi è acqua mari fiumi andati a male (nel 2023 a Fukushima sverseranno in mare). Sabotaggi ecologisti, geofili direbbe qualcuno. "Iniziare è già qualcosa". "Per me è una cosa seria". Bastano una, due persone.
Doveroso un plauso, altamente radioironico, ai Distributori italiani, veri maestri (del blocbuster). Dopo il Leone d'oro a Venezia, non ho più visto Kim nelle sale, sino alla morte. Immagino troppo irrequiete le sue pellicole di denuncia, per establishment con molti timori e nessuna vergogna. Difatti son già lì...transizioni cingolate, green, che puzzano già di morte.
...Three Mile Island (USA), 1979...
...Chernobyl (URSS), 1986...
...Fukushima (JAP), 2011
(depa)
....andrà tutto bene!....
....andrà tutto bene!....
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