Da un DVD di Mino, all'interno del Cinerofum fa irruzione il documentario underground "69 - Ungdomshuset", di Nikolaj Viborg, danese classe 1971. Rispetto e "solidarietà con la lotta e con chi la pratica", coi compagni volitivi. Dalla via della Casa della Gioventù di Copenhagen, un grido disperato, che oggi possiamo riascoltare con orecchio diverso, per amplificarlo incazzato.
"Loro ottengono una cosa, noi la pace" (sindaco di Copenaghen, 1982). Si apre con questo gratificante strappo, di spazi, di concetti, alle istituzioni. Non può funzionare. Il capitale ha il volto appuntito di un proprietario indignato. Spiace pei compagni in lacrime, "lì, potevano non essere un pagliaccio". La Casa della Gioventù. "Essere se stesso".
Epperò poi, "Non ce l'abbiamo con loro", "No azioni violente". Su Legittimità della violenza dinanzi a alla violenza dello stato ormai esplodono gli scaffali. Nostalgie urbane, quasi anacronistiche: oggi scappare dal paese per la metropoli, più viva (morta), non sembra così sano. "Occorre avere buoni rapporti coi politici" (Sabata). "Non potete menarci così!". That's democracy, baby, diceva qualcuno. "Terroristi!". Quindi l'idea nociva degli spazi sociali come sfogo. Piangere presso associazioni che non possono altro che la paternale: "Anche noi siamo arrabbiati per cose che non otteniamo" (risposta: "quindi-cosa-fate?"). Scontri tabù. Inevitabile sgombero nel 2007. "Fronte della gioventù socialista" (ana-ana-cardi). Alcuni parlano di morti. "La mia vita perderebbe tutto il senso!". Detto tutto.
Che poi è il senso dell'interessante documentario...Mai mettersi nelle mani del potere. Meglio non giocare a Monopoli col comune. Meglio non giocare: "Ora voglio solo annientarli". Chissà com'è andata.
Bella Minuzzo!
(depa)
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