Il terzo film di Hou Hsiao-hsien, che passa dalla Valéry, è anche il terzo lungometraggio del regista taiwanese. Splendido affresco d'infanzia rurale, "The green, green grass of home" (dal titolo d'una canzone), nel 1982, mostrò già l'attitudine dell'allora trentacinquenne emergente.
Come la locandina, una di quelle meravigliose cartoline anni 1980, che ormai regalano. "Commedia romantica", "vera e propria musica della memoria" riporta RaiPlay e...haghrgnk, va' a vedere che 'sta volta hanno colto. Ah, ma è Heidy! Lalalaaa, laa. Ben presto, però, il sarcasmo torna in qualche emisfero, percependo l'affascinante missione del regista. Ambiziosa resa su schermo di un sentire immediato, una comunità coesa, siano vergate o piccioni, veleni o storioni. I bambini a gara con trenino, fuori dalla galleria. Capolavoro. Quelle pellicole di cui cogli in sette fotogrammi la foggia. Chichanchun! In maniera invidiabile. Decine di berretti gialli...il cambio del maestro sempre critico...carrellate intensamente vivaci, movimenti naturalmente sinuosi. Feci nel frigo, sììì! Zoom innocenti, avvicinamenti affettuosi. "Un altro sorso di Cola!", la-laalaa.
Da Taiwan, non ancora rottura, piuttosto un naturalismo umano da rievocare senza indugi (era il ''982). ll tocco s'ispira ai grandi maestri dell'Estremo Oriente (Ozu), ma, provate, vedrete una firma tutta propria.
Insomma, qui coi taiwanesi, si comincia a carburare.
(depa)
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