BruciaLinguaggio

Postnatalizio di recupero, il 'Rofum estrae il nome di Derek Jarman. "Wittgenstein", del 1993, col tratto audace visionario del regista londigiano, mette in scena la formazione del pensiero, similmente dissacrante, del filosofo viennese.
Produzione internazionale, "Se la gente non facesse ogni tanto cose stupide...". Gli intelligenti sarebbero discoccupati. Lo stesso Ludwig, bambino prodigio (1889-1951), ci presenta la famiglia ("ricca da far schifo...dei Rockfeller"). Col gallese, classe 1948, Karl Johnson, vero sosia del filosofo, e la scozzese Tilda Swinton, a calmare a viva colorazione il protagonista. "Dividere l'insegnante di storia con Adolf Hitler, che burla". Prima Manchester, "coi fallimenti giovanili", meglio Cambridge, dall'amico-nemico Bertrand Russell (coi rinoceronti sotto il tavolo). Il quale gli riconosce "pura passione intellettuale", "indole dell'artista", però non tollera. Quindi la fuga dal "chiacchiericcio sconnesso degli intellettuali brittanici", via, tra i fiordi norvegesi, "lontano dal mondo". In anticipo sul tempo, ma intriso del suo (la dignità umana al fronte, Monte Cassino, "che dio sia con me, amen!"). Insegnante di campagna manesco, incapace coi bambini, più sensibile alla filosofia-misantropia di Tolstoj e Dostoevskij, che a quella di Aristotele ("che non ho mai letto"). "In alcun luogo a casa", tritato dal senso di inadeguatezza, che almeno lui percepiva, a scontrarsi contro le fortezze (insormontabili) del pensiero (debole). Ma "non ci sono enigmi; se è possibile una domanda, dev'esserci una risposta.
Un Jarman ammaliante, intenso e, singolarmente, accessibile.
(depa)

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