Soldati

Ieri pomeriggio leggo "di Clint Eastwood (2006)". Come sapete, la strada lungo la filmografia dell'autore statunitense, celebratissimo ora, figurarsi poi, mi è irta e penosa. Quindi metto gli scarponi e avanzo. "Flag of our fathers". Già nel titolo, e nella locandina (e nella foto da cui), racchiude la retorica patriottica e militare di cui la pellicola è pregna. Un'alzata di bandiera. Puoi pensarne ciò che vuoi, resta un'alzata di bandiera.
Dall'inizio alla fine. Dal primo fotogramma all'ultimo. Nessun pudore. Tanto, è rivolto a loro stessi. Un autore non dovrebbe fare così, ma sì, vabbè, sai...Parole di fango militarista, sempre auto-ripulenti. O trancianti. "Solo chi ha la guerra può parlarne". Non lo dice il soldato. Tramite la sua voce, lo dice il regista. Secondo logica, dovremmo farla tutti. Preferirei che nessuno ne dovesse parlare. Davvero c'è scalpore nel mio cervello per come ancora. I grandi film di guerra del passato hanno saputo, sapientemente, ma con autoriale disinvoltura, abbattere i pulpiti su cui Eastwood balzella fin che ce n'ha. "La verità semplice, senza tante parole". Ahahah! Che faccia...pare di vedere defilippi&c.
Mica scemo, non dico. Anzi: è proprio la sua astuzia a scaldarmi. Come prese di coscienza da mettere in vetrina (magari solo nel weekend), il regista sa stuzzicare, eccome. In pratica lungo tutta la pellicola. Con l'insistente quanto indelicato, come lui in primis sottolinea, contrasto tra i fatti cruenti e gli eventi mediatici. Intendevi tra società del dominio e dello spettacolo? Non credo. "No fast food!", ricordi? D'altronde, perché tanto scandalo? Siamo negli "Stati Uniti". Ma vedi, Clint, ciò non è sufficiente...
"Camp Tarawa 1944". I soldati prendono sempre in giro il loro commilitone, dimenticando questo ultimo grosso dettaglio. "Ma qui non è Tarawa, è terra sacra", Iwo-Jima. Danno loro stessi, letteralmente, per soldi.
Meravigliose scene di guerra, di sbarco (già viste). Suggestivi preludi, sul ponte e nelle buche, al rimbombo di piombo. Poi flashback, flashback. Intensi, drammatici. Brutto cinema.
Stereotipi che fan venir su l'aglio del pesto. C'è l'indiano. Che soffre per i suoi estinti, ma è fedele alla nuova patria genocida. Che beve per dimenticare. Che sarà dimenticato. Nell'alcolizzato indiano c'è molta della vuota demagogia statunitense (per noi, hollywoodiana), ormai sdoganata (non ditemi che non credevate il cinema potesse). "A causa della guerra gli americani capiranno gli indiani e ci sarà un mondo migliore". Cint subito dopo lo "manda" (doverose) a raccogliere pomodori. E sta bene (!). Ma...rimuginando ho trovato qualche parola: Clint si fa arguto nel rimpiazzare qualche retorica con altra peggiore: la sua. Tutto vero: "Autore di drammi...Indagatore della moralità", secondo la sua, che non condivido (eh, altrimenti...). Tanto contro le vuote mascherate, quanto a favore di quelle, secondo lui, Degne d'Onore (Americano, of course). Da esperto chef, ne prende un pizzico o una quintalata (come qui), preparando il suo immancabile piatto sugoso caldo stellestrisce. Non sottintendo malizia. E un apprezzato cuoco americano per americani.
Eastwood conosce  così bene l'americano medio? No. Ma lo è. 
Chiaramente un Americano è sempre orgoglioso di essere capitato nella nazione che manda con maggior serenità i propri abitanti a morire. In no. Eniwetok 1945. "Molto fiero signore!". Non senza ironia. Proprio quando, a guardar bene, il minimo sarebbe restare. Immobile. Clint ci piange e scherza su (ma sì, la guerra!).
Non so dire se termina peggio, tutto un malloppo unico. Letto d'ospedale: il morente non è più tale. "Di città in città, pensavamo non finisse più". Anche io. "Di solito sono chiacchiere ma...", questo qui, proprio lui, invece, ma guarda te!, è stato un grandissimo. La chiusura sul marble block...basta. "Sei il miglior padre che si possa avere", ad un marines...Sempre, sempre strappa lacrime e coglioni. "Ricordarti com'erano veramente", ma anche no, prego.
Grandi registi mettono con sensibilità ad essiccare. Eastwood ne fa stracotto. Fondobruno.
Che fatica. Avanti...
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento