Il secondo western consolatorio, visto venerdì scorso, è stato "I sette del Texas". Scritto e diretto dal madrileno Joaquín Luis Romero Marchent (1921-2012), nel 1964, si rivela un gran film. Intreccio accattivante, tensione che non molla, sottile, logorante e ironico, gioco di nervi e pistole.
Produzione Roma-Madrid, l'immancabile "PEA presenta". Di nuovo l'intenso Claudio Undari (Robert Hundar) e il simpatico Fernando Sancho ("Scommetti"). Sviluppo e stampa Technostampa, pellicola Eastmancolor. Quindi Daniele Alabiso, appena incontrato, al montaggio. Riappare Fausto Zuccoli alla fotografia (che è di Rafael Pacheco). Verranno tutti pescati dall'Amo. Insomma, ottima caciara, ben allestita e gestita dagli autori.
Bob Carey è uscito (condono per lo spagnolo Paul Piaget, 1934-1985). Ringo è nervoso, ché non è Bill. Contro di lui, ntorna, sempre il leccese Raf Baldassarre (1931-1995), che non è Bruce. Tutti in marcia, a scortare la sfortunatissima María (Gloria Milland), lungo la tortuosa strada per Lavedo.
Sottotitolo: come NON formare una banda. Bob innamorato, Ringo, senza mani, e Scommetti mina vagante basterebbero già. Daje al "fazzoletto giallo"! Arrivano gli apache! Una trama serpeggiante, nessun rilassamento, il Texas è una corsa alla morte, contro la morte. "Va bene, ma scommetto che nessuno di noi arriverà vivo". Che tempi, che spiriti! Gran finale, tragicissimo. Consigliato.
(depa)
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