Post mortem...

E finalmente scartammo, e vedemmo, quel DVD programmato da un po'. Un percorso tra i documentari che possono trovarsi in uno Spazio di Documentazione con crismi e anticristi. Accoppiato a un paperback che vale quanto il supporto digitale, edito dalla buona DeriveApprodi, "Rata Neće Biti", "La guerra non ci sarà" (2008), è un bellissimo, superfluo cercare altro, un bellissimo documentario sugli effetti della guerra jugoslava. Quello dello storico incrocio di culture di Sarajevo annientato, in particolare, dalla Guerra in Bosnia ed Erzegovina (1992-1995), è un prezioso monito, già dimenticato, all'intrinseca putrefazione dei popoli che si affidano alle Nazioni. Bravo a Daniele Gaglianone.

Una lucidità che fa male.
"Tutto il resto per me è assurdo".
La crisi d'identità, che senza strade alternative, si rinchiude nella sua stessa prigione. "Perché ti riprendono quando stai zitto?". Ascoltare Zora di Sarajevo provoca fitte. "Sono un personaggio perché sono qui". La disarmante (...) ironia sarajevese. Quando nel 2002 uno jugoslavo (ex!) dal cuore dei Balcani dice che il suo popolo (...) è il peggiore, forse sarebbe meglio che la storia si fermasse a guardarsi.
I discorsi incendiari dei generali nei palazzi. Le fatali conseguenze sulle popolazioni. "Bad memories". Le immagini girate da Gaglianone hanno l'inquietante proprietà di rimanere negli occhi. Un incrocio, pare di conoscerlo da anni.
Srebrenica 1993-1995. Finale con 8000 bosniaci ammazzati. "Uno stato normale". Quanto di peggio.
Non poter mai riposare, per non essere travolti. "La politica ha fatto litigare i popoli". Strettamente legato alla dimensione individuale, quindi, "parlo per la mia esperienza", "non so gli altri", "questo è stato così per me". Tre ore che scorrono appassionando, grazie all'alchemica formula del regista anconetano. In molte sospiranti inquadrature il crogiolo avvelenato, le promesse tradite. Col passo di un rientro, di una chiacchierata. Amari.
Dettagli che lo rendono d'autore. Quando non tradurre! O come viene affrontato e costruito il paragrafo "Identificazione dei resti umani". Si guarda in secolare silenzio. Le fosse comuni di Potočari e il glorioso battaglione olandese. La guerra. Capitolo "Effetti".
"La vita va vanti", terribilmente. Atroce post mortem, non solo bosniaco. Persino nel menù, gronda sensibilità. Come nell'ultimissimo intenso sguardo, sul volto della morta frenesia di una generazione. L'estetica non sorpassa mai l'umano. Capolavoro su chi non vince comunque.

Ve lo passo (è sul tuotubo).
(depa)

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