Mort vert

Ancora fuori Parigi con Claude Chabrol, nelle sue ville di campagna, dove possono succedere (succedono) molte cose, o magari una, come il riccio, ma grande. "Stéphane, una moglie infedele" (t.o. "La femme infidele"), del 1969: matrimonio crogiolo bollente di coppie infiammabili, unica fuga un criminoso e calcolato raptus.
I violini sinistri, le note puntuali di C.C. (Pierre Jansen). -"Mi ami?", -"Perché me lo domandi?". Chiacchiere di masculin et feminin. Il contrasto in nuce della società dell'ipocrisia, lastricata di tradimenti: dire una cosa, tra polite scenografie, farne altrissime! -"Non dormi?", - "Stavo chiedendoti la stessa cosa". Brigitte tentatrice, ahaha! Il titolo già smaschera, ponendosi sul terreno, consono al parigino, della suspense.
Non è un giallo ma uno psicodramma sociale, sulla giustizia chiusa borghese, sull'indifferenza della classe che governa, sull'amoralità canonizzata su violenza (impietoso il bambino che osserva lo champagne, pregustandone falsità ed ambizione: "complicità"). Che interpretazioni: Lui, Michel Bouquet (leggenda parigina ancora in "piedi", classe 1926) e Lei, l'icona chabroliana, Stéphane Audran.
Raptus da primo indiziato [auto citazione all'insegna delle Biches] Ma ecco la polizia. Assoldati abbienti, Pentecoste Lacoste, voce innocente spesso ci prende. Nel finale silenzioso, tutto lo sgomento dinanzi alla Classe più falsa e feroce.
(depa)

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