Lacrima e soffio

Doppia sterzata affascinante, quella capitata ieri sera in Sala Valéry. Mancava un quarto d'ora alle dieci, quando abbiamo virato da Copenaghen a Parigi, via Teheran, quindi nell'aretino. Ancora con Abbas Kiarostami, con la sua raffinata narrazione, capace di audaci giravolte, le carte spostate nella luce, a chiedersi "chi sono" i protagonisti di "Copia conforme" (2010). Chi siamo noi.
Ciacolare in primo piano, a proprio agio nell'abitacolo, sofeggiare vanamente tra congressi e cipressi. Brusca immaginazione, rimessa in moto da ulteriori riflessioni (parabrezza e superficie: Bigazzi). C'è un copione sommario che noi tutti seguiamo. Esattamente al minuto cinquantadue un fragore di meningi in sala, riavvolti scorrono sulle pupille di alcuni, altri già urlano al capolavoro, i restanti (ma quanti eravamo?!) cercano il nesso con la copia, conforme a che cosa? Quale originale? Ci guardiamo: le copie siamo noi. Innumerevoli opere uniche, esatte riproduzioni del nostro originale. Strofino le mani, finalmente, vedendo Juliette Binoche scendere nell'arena. Concentrata nella costruzione möbiusiana, qualche licenza ai dialoghi quotidiani (terribile la locandiera, meno peggio la coppia di novantenari). Quasi lo riguardiamo, indagando sugli eleganti e sinuosi scostamenti della protagonista, impercettibili movimenti, discutere di arte, mettersi in discussione. Come tutte le altre comparse.
(depa)

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