Torniamo al cinema di un certo livello. Ad Ernst Lubitsch, maestro dell'allusione, del tocco raffinato che tutto può sfiorare. Coadiuvato da interpreti scafati, nel 1932, il regista tedesco diresse una commedia sofisticata leggera, cantata. "Un'ora d'amore", arietta sulla scappatella che male non fa.
Ringraziamo la "Universal", che non si assume responsabilità, per questa "Paramount picture", codiretta con un certo George Cukor assistente. Ordine e decoro. Daspo urbano per chi si batte per la "Rivoluzione alla francese". Nulla di nascosto, in Lubitsch (pre codice 1933). Pubblico e privato è un abile escamotage. Galeotta fu l'amica, chiacchiere in versi entusiastici (musical di Lubitsch col rap), ancora un inno alla vita. "Oh lo sa fare?". Carezze allusive. Grandi interpreti e cantanti, Maurice Chevalier (1888-1972), l"adorabile e attraente" parigino, con Jeanette Mac Donald (1903-1965), altro mito di Broadway. Entrambi fedeli dell'elegante autore, in una situazione ricca di spine: meglio cantare (e non mischiar Mitzi). L'amore più forte dei reumatismi, in un'operetta rosa che rispetta tutti i canoni europei, approcci ed equivoci, attorno a quell'"one hour with You" che fa vibrare i corpi.
(depa)
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