Lavori come altri

Robusti i western di Anthony Mann. Col fidato James Stewart, un personaggio determinato a far giustizia, vendetta. "L'uomo di Laramie", del 1955, mostra il technicolor della curata scenografia del regista, il battito d'un intreccio fatale.
Dove non riuscì la luna, poté il regista. Cambi i nomi e nulla resta. E' della "Columbia", "in Cinemascope", quest'intensa avventura di frontiere. Dopo i ringraziamenti "ai cittadini e alle autorità governative del Messico, dove questo film è stato girato", ecco un wagonman che viene da Laramie (non è di lì) e attira mille sospetti. Sguardi, signor Lockhart, guardi! Lei, comandante in incognito, a caricare e smerciare! Carri in fiamme, muli ammazzati, begli affari, coi "Waggoman". Non ci vede più Will Lockhart. Si sa, da quelle parti non se le mandano a dire, se le danno direttamente. Ma la strada della vendetta per il fratello soldato è lunga e scoscesa.
T'intrattieni e guardi attorno, con Anthony Mann. Piacere per gli occhi. "Sceriffo onesto!", "Sicuro, sicuro...". A mezz'ora dalla fine muore il più cattivo, non l'unico. Il personaggio di James Stewart e il ritmo incalzante, rendono ottima questa pellicola su responsabilità e, perché no, pacifismo, ché l'uomo da Laramie non ha mai ucciso nessuno.
(depa)

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