Vagar m'è amaro

Non chiedetemi come Edward Yang (1947-2007) sia finito nella "Valéry". Elena ed io vagavamo nella Sala, quando trovammo questo raffinato esponente del cosiddetto "New Taiwan Cinema Movement" (1982-1986). Buona sorte, ché "Taipei story" (1985, t.o. "Qing mei zhu ma"), pure nelle sue pesanti movenze antonioniane (gné gné), ha dalla sua una firma con cui non scherzare.
Restaurato presso i laboratori 'L'immagine ritrovata' di Bologna, ecco le atmosfere esistenzialiste in ritardo di qualche anno. Solitudini stipendiate (e non più). Il regista nato a Shanghai sonda i vuoti borghesi con sapienza, ne spia le angosce, tratteggia la frantumazione umana delle metropoli. Il tempo perso (toilette). La vita non è come il baseball.
Fotografia ricercata, algido blu con picchi taiwanesi di colore. Non pare vi sia danza d'uscita. Rabbia che sale dalle scale (a piedi), che perde taxi. Non c'è karaoke contro le distanze di sempre. Cinema di rottura, sino alla morte sciocca, sempre aspettando il cognato, Godot.
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento