La Sala Negri - Nuova Gestione. Stesso tepore, nuova strumentazione (via Catodico, ecco Superpiatto). "Da buon milanese", Simone provvede e propone: sorta di coronamento d'un amore comune: Takeshi Kitano. "Violent Cop", del 1989, è l'esordio sorpresa dell'attore-regista. La sua arte, la sua silhouette, humor nero che concima.
Una faccia che è un programma. Già rido, sapendo che non c'è da scherzare. Irrompe il personaggio di Takeshi, più che laconico muto, ironico scorbuto, si sposta, ondeggiando, a piedi, è uno che prende decisioni. Potente arte del regista giapponese. Guardando oggi un suo film, voce così diversa e refrattaria, può sorgere la domanda del perché? La cui risposta è sciorinata nel suo cinema semplice ma raffinato, folgorante da subito, dove guizzi autoriali fioriscono come sterlizie da un prato sublime perché è verde. Violenza come botta di cuore, massacro come urlo. Morte come vita. Una risata può seppellire questo vuoto, attendendo il proiettile. Contrappunto e, sorpresa, compenetrazione degli accenti ironici e dei momenti desolati, con l'andamento di bestia ferita pronta a ghignarci. Splendido noir, assolato da Levante, con Satie in Daisaku Kume. Brutalità in versi che prende a calci il cuore.
(depa)
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