Esercito rancore

Mesi fa m'imbattei in un western classico difficilmente criticabile. "Assalto finale" (t.o. "A time for killing"), del 1967, diretto a due mani dagli statunitensi Phil Karlson e nonaccreditato Roger Corman, è un robusto palco di rabbia e dolore. Quando, e dove, la violenza pare l'unico momento.
Titoli jazz di Mundell Lowe (1970-2017), prima che giacche blu e grigie si accapiglino (giustizino). Il maggiore Wolcott di Glen Ford, ancora lui, è un implacabile buono, "di cuore", "perché vince e può permetterselo". Grande attore, detta il passo col suo meditabondo. Ma tutti i personaggi sono ben delineati (anche Dean Stanton, nonché Harrison Ford). Tra le dinamiche di frontiera, indiani e Washington, una vera polveriera. Uno spettacolo incorniciato da pareti rocciose, teatro naturale degli orrori. Per i prigionieri sudisti, "la guerra non finirà mai". Un odio che non ammette armistizi.
Ottime musiche, scattanti quanto l'azione. Poche parole, "commettere crudeltà per il gusto di". Sceneggiatura, dialoghi, tutto di prima scelta (lasci!). "Ce n'è uno: Bentley. Bentley ucciderebbe Bentley" (irrequietissimo George Hamilton). Grandioso. "Si, ma prima me ne faccio un altro, eh?", delirio militarista, un'astinenza da morte. Il ghigno che annuncia che i nemici "Arrivano" è quello di Acab alla vista della Bianca. "Non c'è nessun confine, non c'è mai stato". Quindi è, particolarmente, un'ottima pellicola antimilitarista.
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento