E' tutto nero

Chiudo ottobre con Alfred Hitchcock. Nella manciata dei mancanti, al Cinerofum, stava una perla come "Prigionieri dell'oceano" (t.o. "Lifeboat"), del 1944. Strepitoso per tutto. Ritmo, profondità, ingegno, thrilling. L'animale uomo silurato in mezzo al mare, tra suoi esemplari: fra Guerra e Natura non vince nessuno.

Primo Beat

La Sala Negri - Nuova Gestione. Stesso tepore, nuova strumentazione (via Catodico, ecco Superpiatto). "Da buon milanese", Simone provvede e propone: sorta di coronamento d'un amore comune: Takeshi Kitano. "Violent Cop", del 1989, è l'esordio sorpresa dell'attore-regista. La sua arte, la sua silhouette, humor nero che concima.

Capotamoro East

Testa bassa, con Clint Eastwood, e mano sul naso. Nel 2010, il presuntuoso regista statunitense s'inerpicò su discorsi "alti", sfracellandosi (e ci). La fatica di scrivere dei suoi film, andare appresso la futile spettacolarizzazione, dietro vacue elucubrazioni, che c'hanno portato dove siamo. "Hereafter", del 2010, al di là del soggetto, manca pure dell'abito.

Complicated

Scorrendo con Simone la luuunga filmografia di Alfred Hitchcock, fece capolino "Il peccato di Lady Considine" (1949, t.o. "Sotto il Capricorno"): la meno nota dell'autore londinese? Terza e ultima volta con Ingrid Bergman, da continuare a riprendere con piani sequenza che mettano a nudo tutto il suo dolore. Da non perdere.

Miss der Marker

Torna Chris Marker al Cinerofum. Il regista francese dallo "spirito d'avanguardia", sensibile all'esotico, quanto attento al sociologico, seminò corti d'animazione e documentari riflessivi, allestendo giardini d'immagini preziose. Tra questi, "Gli astronauti", del 1959, di Walerian Borowczyk, con la collaborazione del francese, e tutto-suo "Il mistero Koumiko", del 1965.

Bella morte

Risalire ai primordi di Mario Bava, comporta giungere a Riccardo Freda (1909-1999). Il regista nato ad Alessandria d'Egitto, da partenopei, e formatosi a Milano, distese una lunga e preziosa filmografia dell'orrore. Autore ricercato, anche ne "I vampiri", del 1957, mise la sua elegante arte al servizio dei cupi incubi. Con la fotografia diretta dall'astro sanremese, un'omicida ossessione scientifica.

Passato da West

Ripassare a John Sturges significa tornare al Western classico. "Sfida nella città morta" (t.o. "The Law and Jake Wade"), del 1958, ne ha tutto l'aspetto. E ancor di più. Invecchia poco una pellicola con solida struttura e deciso retrogusto di rabbia.

Guerra di tutti

Umberto Lenzi, più di cinquanta pellicole sul groppone, nel 1969 era in gran spolvero, da sparo. Nel genere bellico, come attorno ad un ranch, il regista grossetano, attorniato da collaboratori e maschere che fecero la storia...cinematografica, mostrò la sua arte intrattenitrice. "La legione dei dannati", per quanto verace, ha il passo spietato dei commandos.

Fake link

Tra i documentari del Trieste Film Festival 2021, apparve anche "Prego resti in linea", del moldavo, classe 1978, Pavel Cuzuioc. Produzione austriaca che, senza scintille, monitora le periferie della rete in cui siamo intrappolati. Campagna e tecnologia possono far sorridere, sino a quando quest'ultima devasta la prima.

Sutemose Simo

Col secondo capitolo della "Trilogia di Yusuf", osservata e ciucciata da ben quattro fanatici della "Settima", appollaiati nella "Valéry No Green Pass", pare che Semih Kaplanoğlu abbia smarrito il delicato equilibrio della prima puntata. "Latte" (t.o. "Sut"), del 2008, affonda nell'autocompiacimento. Pretenziosità stroppiata che scalfisce finanche quella che è, secondo me, la robusta estetica del regista di Smirne.

Love Sing

Risalendo il ruscello tracciato da Hou Hsiao Hsien, Elena ed io ci siamo ritrovati alla fonte, acqua leggerina che rinfresca senza troppo sollievo. "Cute girl", del 1980, esordio dell'autore taiwanese, è una comicommedia musicale che sonda la coppia, borghese annoiata. Doveva ingranare.

Pallide luci

Si scrive John Old si legge Mario Bava. Dal cuore della sua filmografia, un western con cui giocare di luci e scazzottate, ombre e caratteri. Pur non essendo il suo terreno di gioco, "La strada per Fort Alamo", del 1964, ha grip per reggere sul fango.

Fan di sangue

Dario Argento. Nome che è un po' una scultura piantata nello sterno. Nel 1982, girò un giallo orrorifico, of course, sanguinolento quando è il momento. E questo arriva, in "Tenebre", perché puoi correre quanto ti pare...

Lady Mosquicide

Un giretto per raiplei, pagata, vale la pena farlo. Vi si possono trovare classici degli anni '40 del XX° secolo, che hanno raffigurato la storia, quella di sostanza, del cinema. In questo caso del noir, con un'indicibile atmosfera, perdizione già segnata. Il destino un risucchio da cui si scappa solo con uno scoppio. "Le catene della colpa" (t.o. "Out of the past", 1947) è un'altra rigorosa pellicola del franco-poi-statunitense Jacques Tourneur.

Incredibile

Ciao ‘Rofum! Scrivo una recensione dopo tanto tempo per proporvi e consigliare l’ultimo film di Gabriele Salvatores, un regista da me molto apprezzato, da sempre, e che anche in questa nuova sua ispirazione non mi ha deluso. "Comedians" (2021) è un’interessante indagine sul mondo del cabaret e le emozioni, le difficoltà e i compromessi che gli aspiranti comici devono vivere e affrontare per raggiungere l’agoniato successo.

E magar c'è il dolce...

Mancava ancora un piatto di Sergio Leone, al Cinerofum. "Per qualche dollaro in più", del 1965, è un'altra chicca pericolosa, a rilascio lento. Dal lontano West pervaso d'un senso di morte e ironia, follia e gioco attorno al denaro. Risata pazza per un irrisolto che ci portiamo ancora appresso.

Rancho Tenax


Il quarto film di Joaquín Luis Romero Marchent capitato al 'Rofum è stato "I tre spietati" (t.o. "El sabor de la venganza"), del 1964. Niente da dire, queste rodate produzioni italospagnole non fanno rimpiangere le sale vietate.

Minimo dilabiale

"Egg". Di Semih Kaplanoğlu (passato alle bave). Alla voce (di che?) "Turkey", anno 2007, è presente questo regista "emergente", classe 1963, di Smirne. "Uovo" ("Yumurta"), primo capitolo della Trilogia di Yusuf, prodotto-scritto-e-diretto, gira attorno al lutto materno, per toccare tempo, distacco, frammentazione. Ritorno.

Tenere la calma

Oehh! Abbiamo dovuto attendere "L'alba del gran giorno" del 1956 per veder Jacques Tourneur al Cinerofum (gravisssimo!). Approccio di sbieco, quindi, alla variegata filmografia del prestigioso autore parigino (ben presto hollywoodiano). Mezzo inizio, con un western senza vette. 

Lil' John Cheerooz

Don Siegel ha fatto di tutto. Toccava un genere, ne plasmava un classico ("regista modello"). Nel 1976, il regista baffuto di Chicago ebbe l'onore di dirigere l'ultimo John Wayne. Ne "Il pistolero", l'attore icona del "Western" poté chiudere con tutta la complessità della propria figura, per sempre intatta.

Starne Far

Per la seconda volta, Primo Zeglio si porta appresso, nella "Valéry", un western avvincente e brutale, che nulla invidia ai. "I due violenti", del 1964, finisce in baraonda e non poteva essere altrimenti.

Schiuma alla bocca

Homer e family vengono sbalestrati dal rettangolo di gioco, telematico, ché su "RaiMovie" c'è un "FILM WESTERN" di Richard Brooks, (quindi) molto sui generis. Il regista di Filadelfia, al nostro secondo incontro, ribadisce la capacità di allestitore d'avventure. "Stringi i denti e vai" (t.o. "Bite the bullet"), del 1975, ha il passo del maratoneta e lo sprint del mustang.

Cumpa d'autori

Passare da Yang a Hou Hsiao-hsien, regista cinese classe 1947, anch'esso fuggito presto sull'isola di Taipei (e anch'esso presente nella "Bibbia"...), è stato semplice. Un po' come innamorarsi de "I ragazzi di Feng Kuei", del 1983, in piena "Nouvelle Vague" taiwanese. Magici scorci di una Fonnguei sospesa nella gioiosa inedia. Dalle isole Penghu, una dolce amara storia di formazione e distacco. Ma da che?

Esercito rancore

Mesi fa m'imbattei in un western classico difficilmente criticabile. "Assalto finale" (t.o. "A time for killing"), del 1967, diretto a due mani dagli statunitensi Phil Karlson e nonaccreditato Roger Corman, è un robusto palco di rabbia e dolore. Quando, e dove, la violenza pare l'unico momento.

Drutta Storia

Riprendiamo il discorso, iniziato un semestre fa, riguardante Artavazd Pelešjan, il regista armeno classe 1938, teorico del montaggio a distanza, che i due Santi Simone e Pietro ci presentarono. Due opere mute, "corto" e "documentario", a distanza di dodici anni, indicano la precipitosa corsa (fuga!) con cui gli "Abitanti" ("Obitateli", 1970) del nostro delicato e spaventato pianeta hanno caratterizzato "Il nostro secolo" ("Mer dare", 1982) Ventesimo.

Vagar m'è amaro

Non chiedetemi come Edward Yang (1947-2007) sia finito nella "Valéry". Elena ed io vagavamo nella Sala, quando trovammo questo raffinato esponente del cosiddetto "New Taiwan Cinema Movement" (1982-1986). Buona sorte, ché "Taipei story" (1985, t.o. "Qing mei zhu ma"), pure nelle sue pesanti movenze antonioniane (gné gné), ha dalla sua una firma con cui non scherzare.

MC-Types

Tutto
parte da un DVD del propositivo Danielino. Un suo parere negativo, una classificazione preoccupante ("film TV"), la consapevolezza che la promettente firma newyorkese non sia immune da scivoloni pregni di retorica mal interpretata, mi pongono in allerta. Eppure, il 19° lavoro di Spike Lee si smarca dai malriusciti. "Sucker Free City", del 2004, "è stato pensato e girato cinematograficamente" e poggia su un soggetto, scritto dall'allora ventottenne Alex Tse, imperniato su conflitti interetnici e gentrificazione, realistico quanto avvilente.

Con le palle

La sorpresa di oggi è stata George Sherman (1908-1991). Questo newyorkese fu davvero un "grande e prolifico artigiano del western", almeno per quanto visto in "Una storia del West" (t.o. "The Last of the Fast Guns"), del 1958. Un'investigazione da bollino verde, ma avvincente e ben girata.

Non toccare

Tra i "Documentari" di quel lontano Trieste Film Festival 2021 (!), stava anche "Chiodi nel mio cervello" (2020), sonata triste in malinconia maggiore del già incontrato Hilal Baydarov. Il regista azero, classe 1987, riflette su se stesso, attraverso le gocce dei ricordi. Stillicidio dell'anima.

Joe te le ta

La terza volta con Sydney Pollack fu in occasione di "Joe Bass l'implacabile" (1968, t.o. "The Scalphunters"). Il cipiglio del versatile autore statunitense al servizio del western impegnato, ma non troppo.

Riderà

Uhhh! Tornato Walter Hill. Quanto tempo. Nel 1982, il regista di Long Beach (1942) diresse uno dei buddy movie più celebri: "48 ore", con Nick Nolte e l'esordiente Eddie Murphy, due nomi, una lunga risata.

Gioiello tempo

Se i cinema, che hai foraggiato indefesso, ti chiudono in faccia dimostrando quanto siano pregni di cultura (la loro), puoi farti una risata e volgerti al Cinema. Come se nelle sale vi fosse di meglio d'un Vittorio De Sica: "Ieri, oggi, domani" (1963), varie sfumature di donna, di Donna Sophia, sempre mozzafiato, sovente strappacuore, in Techniscope.

Classici vecchi

Benvenuto a John Sturges (1910-1992). Il Cinerofum incontra il regista statunitense con appresso la sua bobina più celebre, "I magnifici sette", del 1960. Il western ben piantato negli schemi classici, e logori. A rivederlo oggi, questo rifacimento USA dei Samurai in egual numero, per il genere più in voga pare l'ultimo passo indietro.