Piazza Chino Rocco

Rivisto ieri, ché Elena doveva toccare con. "Milano calibro 9" è un filmone del 1972 di Fernando Di Leo. Già incontrato sul 'Rofum col discusso scabroso di ventenni, il regista pugliese ribadisce la lucida e secca, resa incandescente, visione della società; con una pellicola cresciuta cult, milano rock progressiva che tira pugni e svuota il caricatore. La spirale allucinatoria trafigge la tempia.
Una gru in Sempione ("ora lì sotto c'è il Just Cavalli", cit.), un tic sotto al duomo, tra pigeons padroni. Tagli, linee, la piazza solcata in quadranti obliqui. Note alte precipitano dalle Guglie. Poi sarà Rock. Questi menano (siculo è). Violenza.
"Cineproduzioni Daunia 70", con Gastone Moschin, Barbara Bouchet e Mario Adorf (oscar miglior trattore del protagonista). "Con la partecipazione di Philippe Leroy" (Chino, "uno regolare" che non si dimentica: "Io me ne fotto dell'Americano"). Musiche dirette da Bakalov, con gli Osanna a pompare la colonna alienante (pazzesca). Che partenza. Dall'universo di Giorgio Scerbanenco, che amerò sinché ricorderò Milano di notte, una storia di malavita senza uscita. Puoi stare alle regole, senza sgarrare: prima o poi devi uscire dal giro, dal locale. Finis. Ugo Piazza nello sguardo qualcosa d'irrisolto. Gastone mica ride. Un'inquietudine esotica, miraggio beirutese, stringi i denti e mai!
Darsene inesistenti, apparizioni di navigli, Franco Villa alla fotografia. "Pellicola Eastmancolor. Colore della Telecolor". Si va. Fuori San Vittore (due-tre anni). Le espressioni forti di Rocco-Adorf chiamano zoom. Note di morte sotto il grigio di Milano. Emigrati dai passati remoti. Don Vincenzo decaduto e il vice Mercuri-Pistilli che ce l'ha coi ricchi. "Quelli che cacciano chi non ha una casa, quelli che picchiamo gli studenti e disperdono gli operai" (non è la prima volta che Di Leo si concentra in questura). Torre Velasca tempio del Male (Lionel Stander).
Barbara Bouchet è nel sogno, rosso giallo blu: oasi di perline colorate, ossa modellate, braccia mani impazzate. In tutti i versi, comunque la metti. Irrompe da ogni lato, Nelly, "con tre anni in più".
Atmosfera moschicida, rimango appiccicato. Moschin & Bouchet su di un lunotto infuocato. Nella casa ammobiliata di sfiducia, "è stata dura", play...[a volte va così, "carico" nelle scale di Nelly, e te ne torni saccato di botte]
Qualcosa di rustico fa strofinare i polpastrelli dinanzi la bocca. Il personaggio scerbanenchiano del piccolo ingranaggio, fragile in apparenza, duro di sicuro, nel bel mezzo del Gran Cucù. Un chichino esce dalla metro e va in Centrale. Sullo sfondo, Lotta Continua, che sanno già a memoria la Costituzione, e bowling. "Un vecchio passante, con addosso abiti puliti". Sembra fatta, Barriera, Arese, Barriera. Scorta (non richiesta), sino in Fatebenefratelli, prima della Beffa, singolare femminile: fatale.
Inutile dire che tu (sì, tu), a uno come Ugo Piazza non lo devi nemmeno nominare.
"Con uno come di Leo, il cappello ci dobbiamo levare".
(depa)

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