Bulls Brothers

Tra le vallate del Texas mi sono imbattuto in un regista travolto e relegato dal maccartismo. Quale motivo più valido per tirare Edward Dmytryk nel mezzo della Valéry? Il regista canadese di origini ucraine, che si fece da solo, non s'è certo presentato col suo file migliore. Perso nella squilibrata verbosità, sacrosanto disgusto, "Alvarez Kelly" (1966) non può che lasciar campo aperto alle bestie, meno idiote dei militari e disumane degli uomini.

"In ogni era, l'arma segreta è il...cibo!". "United States in 1864". Con William Holden e Richard Widmark, purtroppo ben presto, qualcosa di forzato, disarmonico e slegato. "Soldi, whiskey e donne", dice il colonnello al "cittadino messicano", di Durango, "speculatore in cerca di affari". Un mandriano, il più umano (per lui, "fuoco!" è per il sigaro). "'Estancia', bella parola". Come "carità". Sicuramente sagace, ironico ("queste bestie sono alleate coi nordisti!". Resta didascalico moscetto.
[fortuna che] Irrompe la donna. Squadernano le more (la statunitense Janice Rule, 1931-2003, e l'australiana Victoria Shaw, 1935-1988), stanche e disgustate da quattro anni di guerra. Tra luci rosa nei momenti del cuore e dialoghi tirati allo strenuo (dopotutto, uno scazzo personale), spiccano alcuni personaggi interessanti, come il generale nordista o il milite avido di morti e gradi.
Antimilitarista, coerentemente fa risolvere, topos di frontiera, agli unici ancora naturali. Qui "Blues Brothers" son vacche e tori. "Il più elegante furto di bestiame che sia mai stato fatto in America" (Lincoln A.)­.
Quindi, Dmytryk, certamente meglio la prossima.
(depa)

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