In questa festa delle zucche, altre nove parole per un film che, lungi dall'essere un incubo, s'è rivelato una rassicurante pietanza, calda, invernale. Non bollente. Tantomeno distruttrice (come potrebbe una pietanza, benché salutare e feconda?). Invero, a parte il finalissimo apparentemente riabilitante (un po' tutti), "Le nostre battaglie", pellicola di Guillaume Senez, bruxellese classe 1978, offre un quadro piuttosto autentico della logica di sfruttamento gli uni sugli altri ed alienazione che la società economica (capitalistica) impone ai suoi sudditi. E della desolante inerzia che bracca qualsiasi rivolta individuale, prima che di classe.
Corpo di rabbia
L'ultimo film del regista della fortunata e sballata serie delle notti da leoni, il newyorkese classe 1970 Todd Phillips, gli ha consegnato l'ultimo "Leone D'Oro". Avendolo visto, "Joker", si può capirne le ragioni. Pennellata sporca della mente, reazione allucinata che tutto travolge. Un'interpretazione che avanza concentrata. Rotor di rabbia. Forse non è necessario subirne tante per arrabbiarsi. Pur vero, che di fumetto si tratta.
Piccoli travolti
E' anche vero che due parole su "Burning" (sott. "L'amore brucia"), film sudcoreano del 2018 presentato al "Cannes" dello stesso anno e uscito il mese scorso nelle sale italiane, debbono essere spese. Disintegrato con parole allarmanti dal nostro Mino, ho voluto toccar con occhio, trascinando con me Marigrade ed Elena. Felice di averlo fatto. Poiché, senza aver toccato alcun apice, la regia di Lee Chang-dong, regista e già ministro per la cultura nel 2003, mostra però una certa cura e spregiudicatezza, per un dramma esistenziale attualissimo, ben narrato sui piani visivo e psicologico.
Utopia interrupta
Dopa la recente lettura suggerita dalla stessa Elena, riguardante pensieri e dichiarazioni dell'ex presidente uruguayano, non è stato difficile "imbarcarla" verso la microsala Filmclub del "Sivori". In cima a salita Santa Caterina, infatti, è in programmazione "Pepe Mujica - Una vita suprema", documentario realizzato da Emir Kusturica nel 2018 e presentato al "Venezia" dello stesso anno. Attraverso i dolci occhi del protagonista, tra stelle illusorie e pietre concrete, i sogni di quest'uomo, di un paese, di una generazione.
Grosso racket
Ma sì, già che ci siamo. Perché non scrivere due byte su "Atlas", il primo film in cui mi sono imbattuto al FNCE, quest'anno in programma al parrocchiale, con offesa, "Nickelodeon". Concorrente tedesco, di quella terra ha il tono duro, tosto, il grugno di una società violenta che bracca e sgombera. Sorretto da un protagonista possente, gigante buono d'asfalto, intrattiene con una sceneggiatura convincente, maturamente intimista prima, briosamente thrilling dopo. Buon esordio di David Nawrath, berlinese classe 1980 di origine iraniane.
L'amour peut
Doveroso calar subito gli entusiasmi del film visto ieri pomeriggio al buffo "Nickelodeon", dov'è in corso il Festival del Nuovo Cinema Europeo. Per correggere il tiro sulla qualità dell'offerta, non dell'organizzazione. Se il precedente film spagnolo stimola la domanda se davvero in continente non si trovasse di meglio, questa pellicola francese sarà una di quelle da ricordare e consigliare. "Luna" (2017), pellicola d'esordio della strasburghese classe 1982 Elsa Diringer, parte in sordina, sporca, per dimostrare forza e purezza col passare dei frame.
Cositas in NY
Ma partiamo un po' dal secondo film da me visto, l'altroieri pomeriggio, all'interno del roboante quanto sgangherato Festival del Nuovo Cinema Europeo (FNCE!...prrr). Per la Spagna partecipa "Try", film del 2018 di Angel Haro, valenciano classe 1958 (quien sabe). Le comiche tecniche iniziali non riescono a rendere simpatiche le immagini dell'incipit, che annunciano impostazione e leggerezza della pellicola. Su tutto, una qualità d'immagine scadente e raffazzonata, peggiorata se possibile dalle elementari geometrie dell'autore spagnolo che, nato pittore-disegnatore, spero lo rimanga.
Pummarolen
Incredibile. Uno sguardo alla programmazione delle sale e colgo una proposta inusuale per le genovesi. Retrospettiva di un giorno, dedicata all'autore del recente killer stralunato di St. Pauli, una pellicola del 2002 da rispolverare. Con Elena, pronti. L'incredulità si fa più dolce al momento di sentire il prezzo della serata: gratis. Tocca ringraziare, quindi, il Goethe Institut per questa visione di "Solino", terza pellicola del Fatih Akin. Anche perché il film, non certo eccelso, ha una sua genuinità (discorso impronunciabile se riferito a "Va bene?!", disegno animato introduttivo a firma di Bozzetto, pregno di stereotipia).
Ragioni di stato. Di classe
Primo appuntamento della rassegna "Le lotte", organizzata dall'Autistica Cineteca Angelo Ballostro. Domenica scorsa in piazzetta della Stampa abbiamo assistito in una trentina all'ultimo film di Mike Leigh. "Peterloo", del 2018, divide. Appurata la necessaria testimonianza di un fatto storico, criminale quanto consueto, accaduto 200 anni or sono (massacro di Manchester, 16 agosto 1819); resta da capire quanto la ricostruzione del regista di Salford sia "bella" da vedere e da ascoltare: un buon film?
Bauntilò!
La settimana del nono film di Quentin Tarantino ci ha condotti al "Sivori". Fedelissimi del cinema popolare, non ci pieghiamo a vezzi e tributi del regista tennesseano, rifuggiamo le sale dai 10€ in su, con buona pace della super-tecnica sprecata. Più fattibile che mai, tra l'altro, essendo alle prese col meno pirotecnico ed al contempo col più estetico, e compassato film dell'autore. "C'era una volta a...Hollywood" è memoria dei tempi e del luogo, danzante sui piccoli o celebri casi del quotidiano.
Sogni interrotti
Mi aggancio all'ultima chiacchierata inerente le sceneggiatura. Il film visto ieri pomeriggio, Elena, Marigrade ed io al "City", ha dalla sua quasi tutto, regia, fotografia, interpretazioni, soggetto, tranne la sceneggiatura. Di certo non il finale. "La vita invisibile di Euridice Gusmao", del regista brasiliano classe 1966 Karim Aïnouz, in effetti getta alle ortiche un buon lavoro solo sul finire. Quando il romanzo da cui è tratto ha la "meglio" sull'arte del director. Non che gliene interessi granché, forte del suo premio di un certo riguardo all'ultimo "Cannes".
Graziosa mansarda disponibile
Qualche settimana fa è stata la volta di un mostro. Ancora da terra tedesca volti espressionistici per raccontare un'atmosfera mefistofelica dove la frustrazione colpisce a sangue e smembra corpi. "Il mostro di St. Pauli", scritto e diretto dal tedesco Fatih Akin, quello della sposa turca, ha deluso qualcuno per la presunta mancanza di "scrittura dorsale". Ma gli efferati eventi si succedono e, lungi da essere sufficienti, si tirano appresso i versi in rima di un decadimento sociale, prima, ed individuale, a cascata. In uno stillicidio di crolli esistenziali e morali, bello a vedersi.
Le capre mangiano lumache
Sabato scorso è stata la volta di un documentario del 2018 che al limite del criminale, sguazza nel superficiale. "La fattoria dei nostri sogni", dei coniugi californiani John e Molly Chester, si fa rappresentante dello sterile e vile ecologismo 2.0, tanto di moda di questi ultimi anni. Quello che si rivolge a Investitori e Internet, come se non rappresentassero la causa prima, capitalista e consumista, dello sfacelo ambientale ed individuale in cui siamo piombati. Il ritorno in campagna è così retorico da scoprire con visibilio e sgomento che, oltre le capre ghiotte di lumache, pure che i cani da guardia possono sia scacciare coyote, sia sbranare galline! Wow...
"...non si scorda mai"
Rieccoci! Sala Porty Hostel, Port Antonio, Jamaica, again on the stage! Il film suggerito da Depa è di quelli chiaramente appetitosi per le fauci purtoppo non più così voraci di questo cinefilo. Un Dino Risi del 1978 con protagonista Ugo Tognazzi dal titolo “Primo Amore”. Film decisamente piacevole, soprattutto nella sua seconda parte e con un finale lieto e saggio. Buono.
Un altro sorso di Resnais
Finito di ri-vedere, in Sala Valéry, "Providence". Alain Resnais è uno di quei pochi registi, per il sottoscritto, per cui due volte è meglio che una. Uno, per dipanare l'intricato incantesimo cinematografico; due, per godere ancora una volta della musica per immagini che, di certo, percorrerà lo schermo. Pellicola del 1977, con una manciata di grandi interpreti, è un'altra perla letteraria e visiva dell'autore francese.
Vendette di Stato
Altro Steven Spielberg, in sala Valéry. Complice "Iris" o canali simili, quasi sempre ad offrir cinema decente. Stavolta la serata è stata ancora più completa, con documentario prima e film dopo. Il fatto: durante le olimpiadi del 1972 a Monaco, il 5 settembre, un gruppo armato palestinese, legato all'organizzazione Settembre Nero, sequestra ed uccide 11 atleti israeliani. Da qui la vendetta del Mossad, alla chetichella come ogni servizio segreto che si rispetti, in giro per l'Europa. "Munich", del 2005, al di là della materia trattata (il soggetto rielabora un libro inchiesta): pessima scrittura, recitazione grezza, accozzaglia hollywoodiana davanti alla quale è una fatica arrivare in fondo alle quasi 3 ore. Strano per un maestro dell'entertainment.
Natura viva in cornice dorata
Agosto di letture, il cinema scivola, il Cinerofum crolla. Proviamo a tapullare quest'estate di ben poca pellicola. Nei pressi del ferragosto, classico televisivo, fu trasmesso "Lo squalo" di Steven Spielberg. Del 1975, terzo lungometraggio del regista, uno dei film più celebri di sempre, grazie all'accattivante veste d'avventurosa lotta per la vita, all'ottimo ritmo, senza note inutili, ai personaggi ottimamente caratterizzati e al marketing azzeccato. Volet o nolet, la storia del cinema.
Oltre una frontiera nessuna civiltà
Fine luglio di commedia italiana. Mezz'estate da "100 da salvare". Un altro milanese, questa volta classe 1922, sondò con acume e delicatezza gli intimi gorghi ed abissi degli italiani del post boom, disillusi, frustrati, tenaci come ogni uomo. "Pane e cioccolata" (1974), quinto film di Franco Brusati, scomparso nel 1993, narra d'un italiano emigrato in Svizzera. Per lavoro, e qualcos'altro. Non v'è altra strada se non stai al gioco (e non sei giocatore di classe).
Visto in Sala Valéry in omaggio ai ragazzi del Laboratorio Bellamy, che propongono cinema nei caruggi di Zena.
Svizzero? No, è Stato
La settimana scorsa, nella Sala-che-sapete, è tornato Marco Ferreri (1928-1997), il regista milanese che inzaccherò senza indugio il palcoscenico di una società borghese luminosa e famelica quanto vuota e brancolante. "L'udienza", del 1971, oltre a ciò, è un piccolo gioiello di delicatezza, ode ai tanti piccoli uomini dinanzi ad assurdi giganti. Lo sgomento del protagonista, Enzo Jannacci calzante nella sua mimica unica, al cospetto di una Chiesa che pare ben comprendere e condividere i mezzi dello Stato: burocrazia alienante, retorica ammaliante e repressione braccante.
...portano a Tebe
Dopo l'interruzione causata dalla notte passata nell'attico dei Mignoidi (uscir d'ufficio e manco dover tornare a casa...e che ombrina! Grazie), ligio alle responsabilità verso la Sala Valéry, l'ho raggiunta con un altro Pier Paolo Pasolini in mano. "Edipo Re" trasposizione della tragedia sofoclea, scritta e diretta nel 1967, perlustra l'elementare senso di colpa che ogni individuo porta con sé. Ancor più in società capitalistiche. A fortiori tra gli affamati. Quindi sì, inevitabili riferimenti autobiografici. Universali.
Iscriviti a:
Post (Atom)