Utopia interrupta

Dopa la recente lettura suggerita dalla stessa Elena, riguardante pensieri e dichiarazioni dell'ex presidente uruguayano, non è stato difficile "imbarcarla" verso la microsala Filmclub del "Sivori". In cima a salita Santa Caterina, infatti, è in programmazione "Pepe Mujica - Una vita suprema", documentario realizzato da Emir Kusturica nel 2018 e presentato al "Venezia" dello stesso anno. Attraverso i dolci occhi del protagonista, tra stelle illusorie e pietre concrete, i sogni di quest'uomo, di un paese, di una generazione.

Il punto potrebbe essere la fede ingenua, se non colpevole, nella "socialdemocrazia" di cui, il piccolo ma ricco Uruguay, pareva potesse profittare. Oppure si potrebbe chiedere se essere "la Svizzera del Sudamerica" significhi qualche virtù, non contabile, a vantaggio dei più. O se il fatto che un povero, vendendo qualche fiore al ricco che può permetterseli, rappresenti un centimetro fatto verso una società più uguale ed equa. Preferisco il "Ti vendono la felicità, tu rubagliela". "Vogliamo pane, ma anche il caviale".
Quando una lotta per dignità e libertà impatta contro gli interessi economici di chi più paga eserciti e squadracce, caro Pepe, chi meglio di un sudamericano sa cosa accade? Per questo, finché il cuore è sospinto dall'energia e dalla rabbia dei vent'anni, vale la pena rischiare tutto per la libertà. Poi passano gli anni. E se molti di questi, tipo...12, sono stati spesi in celle di isolamento, quelle che sembravano certezze risultano più discutibili (per fortuna non sempre). La voglia, così come la convinzione di essere nel giusto, la voglia di espropriare banche viene tragicamente meno. Anzi, si passa a controllare che nessun'altro lo faccia (non mi risulta che, quando Mujica era presidente, in Uruguay fosse lecito rapinare queste avide istituzioni). Qui sta il nodo. Chi lo faceva in bianco e nero, quasi commuoverebbe la nostra cara nonna. Oggi, solo condanne da parte di conduttori, pennivendoli e colleghi imbalsamati ma pseudo-felici.
Il documentario resta in superficie, non ripercorre i provvedimenti presi dall'allora presidente uruguayano, né va a sondare le sue colonne ideologiche, se c'erano. Kusturica, come già in passato, si innamora del personaggio, lo accarezza, restituendone un'accattivante e romantica immagine. Il risultato a tratti è una silenziosa ed appiccicosa adulazione. Ciò non toglie che, anche e di più per un occhio critico, tali operazioni permettano riflessioni a chi solitamente le dimentica o rifiuta. Addirittura può capitare di commuoversi...
Vanno riconosciuti comunque coraggio all'autore e onestà al protagonista, per aver incluso nel filmato un passante con cui i sorrisi del Pepe non hanno funzionato e, davanti alle cui parole affilate (FMI), la reazione del "del sale dell'ottimismo" sudamericano, risulta meno filosofica del solito.
Ad ogni modo, un piccolo passo verso una società più giusta. Sino alla prossima carica della polizia. O bombardamento dell'esercito. Proprio in questi giorni la Rojava curda sta lì a spiegarci che autodeterminazione e autogestione non sono principi di libertà permessi dalle accecate nazioni capitalistiche. Morti su morti, raccontando di accordi finalmente raggiunti, con buona pace di chi, più o meno consapevolmente, vive di guerra.
(depa)

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