L'ultimo film del regista della fortunata e sballata serie delle notti da leoni, il newyorkese classe 1970 Todd Phillips, gli ha consegnato l'ultimo "Leone D'Oro". Avendolo visto, "Joker", si può capirne le ragioni. Pennellata sporca della mente, reazione allucinata che tutto travolge. Un'interpretazione che avanza concentrata. Rotor di rabbia. Forse non è necessario subirne tante per arrabbiarsi. Pur vero, che di fumetto si tratta.
Una malattia piuttosto debilitante, generata dalle botte e garante delle stesse (a Gotham City v'è pur sempre questa società), un passato faticoso, un presente idem. Madre sedotta e abbandonata dal trump di turno (e che, pure!, genererà il suo nemico di sempre...). Tutti i presupposti, insomma, per un'incazzatura coi fiocchi. Piuttosto intimista, io che speravo, i tempi ne parrebbero maturi, di vedere più a fuoco il dito puntato su di un sistema che ovunque è lo stesso (valica i limiti di carta e schermo), mi dedico quindi ad apprezzarne gli ammiccamenti visivi. Un fugace taglio all'assistenza sanitaria pubblica suggerisce qualcosa di non correttissimo. Un'arma, dopotutto, pare sparigliare le carte; proprio là dov'è bene di prima necessità (ma il mero bigottismo lo allontanerà dai bimbi). Nella società dello spettacolo, non v'è che questo vuoto. Poi dipende dai gas... Quindi danze rallentate, su bassi che scuoton polpacci e pozzanghere, lunghi attimi sul volto del disperato. Un Grand Disperato, Joaquin Phoenix, che ve lo dico a fare. La regia gli affida molto, quasi tutto. A volte basta. Pagliaccio triste davvero, comunque, fuoco e tempesta, "non molestare cane che dorme abbaia" che rimbomba, esplosivo liberatore di piccola gittata, non meno scioccante. Tanto uscirà, como el pedazo de una estrella, uscirà. E non la capiremo.
(depa)
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