Sogni interrotti

Mi aggancio all'ultima chiacchierata inerente le sceneggiatura. Il film visto ieri pomeriggio, Elena, Marigrade ed io al "City", ha dalla sua quasi tutto, regia, fotografia, interpretazioni, soggetto, tranne la sceneggiatura. Di certo non il finale. "La vita invisibile di Euridice Gusmao", del regista brasiliano classe 1966 Karim Aïnouz, in effetti getta alle ortiche un buon lavoro solo sul finire. Quando il romanzo da cui è tratto ha la "meglio" sull'arte del director. Non che gliene interessi granché, forte del suo premio di un certo riguardo all'ultimo "Cannes".

Pellicola dal taglio secco, tinte scolorite dal sole e dalla miseria. La storia di due sorelle allontanate desiderose di ritrovarsi è materia delicata, se non si vuol finire proiettati al Cineplex. Sostenuto dalla bravura, nonché dal fascino, delle due protagoniste (Carol Duarte, del 1992, Julia Stockler, 1988), il racconto scorre su di una regia più raffinata di quanto paia sulle prime. Intensa, sonnolenta e dolorosa, per nulla vivacizzata dai colori carioca, l'atmosfera è ben costruita e coinvolgente. La malinconia bracca questi personaggi degli anni '50, sino a farli sudare. Il tema è topico: falsi valori ed ipocrisie che, in nome della salvaguardia dell'ideale famiglia, in concreto ne massacrano il tessuto umano, individuale dei suoi membri (non crediate, in questi anni potete scovare convegni dedicati, frequentati da personaggi che vi lascio immm).
Inutilmente impreziosita dall'attrice nazionale Fernanda Montenegro (1929), chiamata qui a partecipare al finale harmony allestito dagli autori (Murilo Hauser, oltre al regista di Fortaleza) e i cui dolci occhi per noi si aggireranno sempre nella Stazione Centrale di Rio, la pellicola si perde nell'ultima mezz'ora, smarrendo line e ritmo, lasciando un colpevole senso di delusione nel pubblico, che esce dalla sala tradito negli ultimi istanti di "gioco". 
(depa)

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