Trash for gold

Ve l'ho scritto, non esageravo. Spaghetti da tutte le parti, pure dalla Spagna, imagina la salsa! Dal tarragonese Juan Bosch (1925-2015), col contributo del romano Sergio Donati (1933), è giunto un pistolero sconosciuto. Lo ammetto, solo per Anthony Steffen, l'Antonio Luiz de Teffé von Hoonholtz nato all'ambasciata brasiliana in Capitale. Per la sua grinta, di macho buono e giusto, sempre teso verso un pathos che non è nei paraggi. Il Cinerofum ti vuol bene Antonio. Del 1972, "Lo credevano uno stinco di santo" (t.o. "La caza del oro" che, se ben descrive, perde in ironia) è una rocambolesca sfida, in cui vince il più furbo.
Titolo al suono grintoso d'una ballata messicana (il romano Marcello Giombini, 1928-2003). "Silvertop rewarded" e altri all'ingresso del carcere. "Ecco, c'è anche lui". E' arrivato Trash Benson, cowboy sempre un passo avanti. Nome omen, Trash è un bandito carismatico, il primo che si lamenta per un po' di caciara giù nel Saloon. Gli perdoniamo tutto, basta che trovi questo oro. Recitazione sulle righe che è l'unto sul sugo degli autentici Spaghetti. Paiono crederci solo Juan, Anthony e le sue donne. Tutti tesi e attenti come un Oscar. Niente pro niente, che poi equivale a tutti contra tutti, mica solo nel West selvaggio. Santi ben pochi, stinco qualcuno. Sfilacciatuccio, tra personaggi accantonati o trascinati. Che tristezza, poi, risolvere una sfida così, con l'incontro ravvicinato dei cattivi del III° tipo. Ci vorrebbe lo Zapata senza copyright! Ma qui si bleffa fino al finale: monotono come una, brutta, partita di poker.
(depa)

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