No land's man

Che storia. Quella del Cinema. Progetto vecchio. Ripercorrere con piglio da archeologo pimpante i primordi della "Settima". Poi via via su, sino a qui. Ieri è stato il regista danese August Blom (1869-1947) a illuminare d'elegante ocra la "Valéry". "Atlantis", del 1913, mostra il dito della catastrofe navale, ma indica quella umana. Cinema.Il Dr. Kammacher è assediato da sconfitte e delusioni. Una moglie inferma, che è la maschera della risata ultima. Picche su picche in Facoltà. Il protagonista, Olaf Fonns (1881-1949), bucava la cara vecchia celluloide, figura magnetica che dà ossatura tangibile (che ne è stato sotto il nazismo?). Grandi attori, tra cui spiccano i due sfortunati coniugi. Le donne, attrici che indicavano la direzione, a costruire con meticolosità atmosfera, sentimenti e reazioni. Già che c'è, una Berlino che non c'è. Le riprese in automobile son voli liberi nella città fantasma. Anime irrequiete, Parigi, poi via, senza amici sul Roland.
Amore per il racconto che sprizza negli scalpitanti fotogrammi. Sullo sfondo del disastro collettivo, in primo piano quello individuale. L'uomo solo. Dettagli sottili (grossolani quando siamo NOI). Senza scordare i dannati agli inferi, alle caldaie, molto al di sotto dell'elegante Dinner di Lor Signori. Stupendi momenti esistenziali sul ponte. La cabina oscillante, come una campana a morte. Traballa molto altro, che l'insignificante cabina. Il Dr. passeggia per la sua Atlantis con i compagni d'un momento. 
Il panico, con la cinepresa dov'è più visibile, enfatizzata da scale e bordi. Un ultimo tramonto dopo la catastrofe (indimenticabili padre e figlio alla deriva). Quindi lo Skyline di New York di inizio '900. Ma la catastrophe non era quella là, per quanto spaventosa. L'abisso mica è passato. Tremare sulla maniglia dell'amata...
Il mitico "The Armless Wonder!": il violinista prussiano senza braccia, Carl Unthan (1848-1929), che scrisse coi piedi, in senso letterale, la propria biografia ("Il piediscritto", 1925). E che ispirò realmente Gerhart Hauptmann (Nobel l'anno precedente al film), autore del romanzo dell'omonimo romanzo (idem). Grande, tutto da vedere (minimum).
Ma, posso dirlo? Giunti insani e salvi nella "Grande Mela", altre fughe, il ritmo cala e mi sento un po' come la mosca nella tela. Braccato dagli spasimanti il protagonista, insofferenti anche noi. Al centro l'Uomo, perfetto. E lo spettatore? Pro e contro di un racconto che batteva comunque il sentiero selvaggio di un cinema ragassuolo. Meglio scappare ad Hendon! (ma dove diamine è?). L'eterno chiodo (dritto) scaccia chiodo (storto). Ma è elegante energia, quella del danese.
Qui si fa la storia.
Avanti, Elena.
(depa)

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