Sino alla morte

Leggendo il nome di J. Lee Thompson uno potrebbe far finta di nulla. Ma le pellicole di questo statunitense, per la terza volta sul 'Rofum e spesso escluso dalle bibliografie, sprigionano la determinazione di un autore creativo e attento all'intrattenimento. "L'oro di Mackenna", del 1969, è una di queste. Western da caccia al tesoro con cast assortito, un mistero di spiriti e brame distruttivi. Bello.
Western avventuroso tratto da un romanzo Will Henry, a.k.a. "Heck" Wilson Allen di Kansas City (1912-1991) e prodotto dalla "Columbia". Nelle versione italiana, sigla appositamente riscritta, col "vecchio avvoltoio" che sorvola il Cañón del Oro, miraggio dei cercatori di pepite. Un indiano e una mappa, il flemmatico Gregory Peck è suo malgrado coinvolto. Omar Sharif è Colorado, un bandito ambizioso di rivalsa sociale. Poi c'è una squaw apache irrequieta,  un sergente pazzo (Telly Savalas), un predicatore e due inglesi. Sembra una barzelletta, ma la corsa all'oro si rivelerà fatale. Accecati dai filoni infuocati, periranno nel delirio tracotante. La natura stessa difenderà il proprio fianco. Atmosfera solida e ritmo calibrato, ma è la regia spettacolare che rende "da non perdere" questo film. Insistenti quanto riuscite soggettive, per la massima immedesimazione: incaprettati durante l'attraversamento di un ponte di corde e legno, via sulle cavalcate e le discese a precipizio, o legati e trascinati a cavallo...A Colorado non resta che ciò che resta agli altri: scavarsi una fossa, "ma profonda". Gran cinema.
(depa)

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