Residuati umani

Sabato scorso, piuttosto che per star lì a, mi sono fiondato all'"Ariston" per Roberto Minervini. Il regista di Fermo, che ci colpì coi  suoi rigorosi quanto impietosi schizzi sociali, è tornato nelle sale per una nuova impellente urgenza: aggiungere la sua voce contro l'assurdo della guerra. Nessun grido, anzi, una severa e compita litania che accompagnerà "I dannati", omuncoli in divisa, troppo piccoli per pensar grande. 
Alla "Lucky Red" l'onore di distribuire questo "un certain reguard" da lupi che sbranano le loro prede. "Cosa ci distingue da", ci chiediamo nel nostro cieco e tronfio, falso antropocentrismo. 1862. Guerra di secessione. Esplorazione è occupazione. Sedimenta la tossica mentalità da Colt. Parole devote, vane, autoassolutorie. (non)Vita grama inaccettabile se non nel regime di servitù volontaria di coloro che scuotono quarzi nei ruscelli. Ragazzini e anziani, momenti conseguenti, vuoti, interstiziali. Aggrappati a, e acciecati da, retoriche di patria e famiglia. Irrompono le scariche di fuoco! Piagnistei. Attenzione e cure verso i propri strumenti e mezzi (auto-cavalli). Giungono le riflessioni, in uno specchio rotto. Anche Minervini termina con l'eccedere in compassione (non chiude sulla corsa anonima, senza faccia, ma sui volti innevati, tornati bambini).
Certo, non si diventa umani combattendo per la parte sbagliata: in divisa. Eppure, anche stavolta, rabbia e perdono debbono intrecciarsi. Armate, truppe, battaglie, ma in guerra si è soli, tra volti sfocati, corpi sfumati. Millenni di civiltà e progresso: ancora e sempre qui, legati al palo.
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento