Il primo giugno è passato a trovare il Cinerofum, proprio in sala Valéry, il regista statunitense Gus Van Sant, classe 1952. Il regista di Louisville è passato, evidentemente, dall'anonima e gratuita videoteca di Santa Brigida, presentandosi col DVD contenente la sua opera seconda. "Drugstore Cowboy", del 1989, tratto dall'autobiografico di James Foges (1936-2012), è un viaggio sballato, tra farmacie e paranoie, terapie di gruppo e indagini della narcotici. Si rischia l'ormeggio, in tale mareggiata psicotropa.
Ripartiamo col piede giusto, ché dodicenne solitario, in una sala tra pollici autostoppanti, ne rimasi alquanto perplesso. Opera giovanile che, per freschezza e vivacità, permette un riavvicinamento.
Portland, Oregon, 1971. In quello che lo scozzese Welsh, riferendosi alla sua Leith, definirebbe "buco del culo del mondo". Periferia USA. Bob, Matt Dillon ottimamente assuefatto, calatissimo, ci racconta come sia finito su una barella, crivellato. "Sono stato per molto tempo un drugstore cowboy". Pure William. S. Burroughs nelle vesti del padre Tom, tossicomane convinto. Di diritto, diritto nel filone "tossico". "E' dura fare il capobanda". Ma la robba sostiene. "E anche il mio peggior nemico non era poi così cattivo". Nessun down, fino all'avvio dell'investigazione.. Ma un cappello non fa primavera. E un cappello posato sul letto fa inferno. Desmond Dekker canta degli Israeliti, mentre Van Sant narrato nella giusta allucinazione. Droga ad orologeria. Credibile nella retorica degli sballati (le sfighe, i discorsi apparentemente fondanti...). "Io cerco di allevarli e loro?...". Ma cala (i sensi di colpa in auto), adagiandosi sugli effetti causati dalla prima parte. Anche la fotografia finisce per tornar sobria. "Tutto gratis questa settimana", offre "il primo figlio di puttana".
(depa)
Film sicuramente ben riuscito e se lo dice uno che e' cresciuto a uander e trainspotting, potete crederci! scusa... sono stanco... volevo solo farti sapere che l'ho visto e mi e' piaciuto :)
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