"La noia perfetta"

E fu il ritorno. Ieri, dopo quattro mesi, il 'Rofum è tornato nelle sale, riaperte da qualche settimana. Tra resti e scarti, riparte anche "K-Cinema", l'iniziativa dedicata al cinema (sud)coreano (i giovedì: "Sivori", invece che "Ariston"). Quindi vado e nella grande Sala1 è come non fosse successo nulla. Il cinema s'è svegliato e alzato. Peccato la prima non sia buona. Perché "Castaway on the moon", scritto e diretto da Lee Hae-jun nel 2009, vorrebbe ma non fa, potrebbe ma non sa.

Il regista classe 1973, qui al secondo lungometraggio, ha studiato da sceneggiatore. E si vede. In breve, l'idea della pellicola non sarebbe male. La dolente è il taglio. Confuso, incespicante. Si parte con immagini patinate d'ottima resa hi-tech, coi primi piani che braccano il protagonista, oscillando come lui. Il grottesco sconfina nello slapstick, la comicità non decolla. Il tentativo di emulare il buon cinema metaforico del Sud Est Asiatico è lampante e disperato. A tal proposito, mentre mi dico che, forse, l'errore di Hae-jun è stato quello di aver scelto un inetto (quale pathos nell'autoimpiccagione di tal macchietta?) e non un...diverso, il regista mi fa il verso. Entra la figlia della luna. Ma il film, proprio perché già debole, non regge alcun innalzamento di tono. Quindi si finisce in odor di Anderson, quindi a molti piacerà. Ne sono contento ma, in tanta confusione, l'immagine più suggestiva (...) resta quella della bucolica e fecale composizione. Seguita dall'efficace, quanto scontato, naufragio della Casa Papera.
Battibeccando tra me, anzi, tra mé, non sono sicuro il regista abbia chiara la gravità della situazione sociale mondiale (per quanto devastazione ambientale e alienazione militare siano messe sul piatto. O no?...). La soddisfazione finale del protagonista per la sorprendente validità dell'abbonamento ai trasporti, ad esempio, suona stonata, dubbia. Non sibillina. Ad ogni modo, si vuol ridere? E ridiamo. Ma un'altra volta. Un'altra sala.
A quanto pare (vedi nota laggiù, di là...), il modesto regista attribuisce lo scarso successo al botteghino all'aver realizzato "the film that I want to make", quindi alla distanza tra i suoi interessi e quelli del grande pubblico. Piuttosto, credo che qualunque interesse possa essere filmato decentemente.
Detto ciò: avanti col cinema sudcoreano, Que j'Adore.
(depa)

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