Il Cinerofum alfine giunse a "La voce della luna" di Federico Fellini. Con rispetto ha guardato a quella sua ultima opera testamentaria del 1990, attendendo il momento. La quarantena concede tempo e stacco per godersi questa introspezione esistenziale. Con la Gigia accucciata accanto a me, la voce è ancor più meavigliosa.
Ispirato al "Poema dei lunatici" del reggiano Ermanno Cavazzoni, musicato da Nicola Piovani, segue le compassate riflessioni, gli intimi turbamenti di un'anima sensibile. L'Ivo di Roberto Benigni, figlio delle fiabe, è carne viva da proteggere. "Come mi piace ricordare, più di vivere". Ivo Salvini vede "solo buio, niente di fermo, di sicuro": "corri!", gli grifo pure io nella "Valéry". Ma le donne le vede, le vede tutte. La loro bellezza tutt'attorno ("una sola, Lei!"), la sfida vinta da Strauss vs Jackson. L'ex-prefetto Gonnella di Paolo Villaggio ha la potenza silenziosa della voce lunare. "Non ascoltare i pazzi traditori!". L'orlo della pazzia fa labili i confini di ricordi e memorie. Tra i personaggi a contorno, quello di Syusy Blady, felliniana da sé. Restaurato per il centenario dalla Cineteca di Bologna ("Fellini realista visionario"), deve essere visto. Ché di Fellini non ve ne son più.
(depa)
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