"Nessuna obiezione"

S'accavallano i galoppi di John Ford, in sala Valéry. Un altro classico, su RaiMovie "rimasterizzato e colorato senza l'approvazione dei realizzatori", che porta sul limitar della lontana frontiera, dove gesti e parole debbono essere estremamente pesati. "Il massacro di Fort Apache", del 1948, abbraccia e bracca: quella che era una danza, è una mattanza. 

Eccolo, l'immenso, monumentale Ovest. Altezzoso, il colonnello Turner, sino alla morte. Il Capitano York pare della stazza per equilibrare i piatti. Scintillìo durbans della californiana Shirley Temple (1928-2014), mi sento già un focolare. La macchina di morte statunitense spara a cannone, alza la bandiera, la nazione nata dalle armi è disposta. L'ego porta alla miopia e questa alla caduta. Un colonnello silurato più letale di un siluro. Giù lungo la gerarchia, sino all'ultimo imbecille soldato, macellaio di se stesso. La preparazione della tragedia è, per il grande regista, una tavola da imbandire, una festa da imbastire. Sornione le presentazioni del reggimento, sgangherato ma vivo di vita propria. Tra bisogno di whisky e balli e paura di buio e cenere. Pure Sordi convocato per un sergente zelante.
Attraversato il Rio Bravo, tutto cambia. "L'esercito NON è il mondo intero". Ford tesissimo a concretizzare ogni fatto, renderlo tangibile, impellente. Ogni decisione o missione nella sua complessità pratica.
"E' un uomo senza onore", dirà il colonnello all'apice Apache, dinanzi all'abisso. Il moloch militare distrugge terra e uomini. L'assurdità della guerra, tra ossessione per e paure del potere , con epilogo duro per la Storia Americana. Nonostante il bombon finale allo spirito di reggimento. Difatti si riparte, già alla prossima carica...
(depa)

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